Prodi minaccia i suoi: «Pronto a usare il bastone»

Bacchettate anche a Ferrando: «Le parole su Nassirya sono folli e sbagliate». Problemi sui seggi assegnati all’Udeur

Prodi minaccia i suoi: «Pronto a usare il bastone»

Luca Telese

da Roma

È un Romano Prodi che cambia marcia, quello di ieri, un leader che sente il campanello di allarme, capisce che le ultime polemiche stanno compromettendo in maniera irreversibile l’immagine della sua coalizione. E così, dalla Spagna, il Professore compie la sua ultima metamorfosi: sorrisi bonari e borbottii addio, scompaiomo in un attimo toni curiali e gesti da «mortadella». Prima il diktat sul corridio numero 5, pronunciato lunedì: «Si fa, punto e basta». Ieri è venuto fuori il Prodi leader, che non conosce mezzi termini: «Sono un mediatore, ma se serve bastono». Caspita. Le parole di Marco Ferrando sulla strage di Nassirya con la giustificazione della strage, sotto l’ombrello della resistenza irachena? «Una dichiarazione folle e sbagliata». E poi, ancora sul leader della minoranza trotskista: «Non solo io ma anche Bertinotti ha reagito in modo durissimo». Infine, parlando delle polemiche sul programma: «Nel programma dell’Unione di assurdità non ce ne sono ed io ne sono il garante. Le assurdità, piuttosto, aggiunge, «sono il prezzo della legge elettorale della Cdl». Prodi oggi è tornato sull’argomento: «La vocalità è una conseguenza diretta della legge elettorale». Vocalità? Sì, spiega Prodi «è un premio che viene dato ai partiti più piccoli ed ognuno ha interesse a far sentire la propria voce». E lui? «Io non ho bisogno di alzare la voce per esercitare la leadership - spiegava ancora ieri - il programma è la cornice ma il quadro lo decido io, questo è il ruolo che ho assunto e che mi viene riconosciuto, quello di decidere usando, quando possibile, la mediazione, ma in casi estremi anche il bastone».
In realtà, nel quartier generale dell’Unione, mai come in queste ore è accesa la spia dell’allarme rosso. Il primo segnale di inquietudine arriva dai sondaggi: quello dell’Swg che nei giorni scorsi indicava addirittura la possibilità di un soprasso al Senato. E poi addirittura quello del Corriere della Sera che certificava (per la prima volta da una fonte «terza») il recupero del centrodestra, mezzo punto a settimana, a più di un mese dal voto. L’ultima goccia è la caporetto mediatica di questi giorni. A parte Massimo D’Alema, che si sta battendo come un leone, su giornali e tv - raccontano i prodiani sotto garanzia di anonimato - il centrodestra è riuscito a riprendere in mano l’agenda, a dettare le priorità, e persino il durissimo faccia a faccia fra Gianfranco Fini e il presidente dei Ds su Francesco Caruso ha «bucato» su tutti i quotidiani di ogni segno e colore, mettendo in sofferenza i moderati della coalizione, facendo dimenticare in poche ore la perfetta operazione immagine di sabato scorso, con tutti i leader abbracciati sul palco al Professore, dopo aver solennemente firmato la formula recitata da Sandra Ceccarelli.
E i soldi per la campagna? La verità è che, anche in queste ore, Prodi si sta trovando tecnicamente solo. Sta per scoppiare una grana terribile, per esempio, sui fondi della campagna elettorale. Anche perché, dopo le polemiche dei mesi scorsi, i partiti della coalizione continuano a centellinare ogni finanziamento e a giocare in una logica di autosopravvivenza egoistica. Ancora fino ad oggi, in nessuna città d’Italia, è stato affisso un solo manifesto con il simbolo della coalizione o con la faccia di Prodi. Mentre campeggiano in tutte i sei per tre del paese, le imponenti campagne di affissione commissionate in questi giorni da Ds e Margherita: campagne di partito sì, campagne per il candidato premier no. Scelte che non sono prive di conseguenze, se è vero che per presentare il proprio programma, a sua volta, il Professore si è guardato bene da inserire un solo simbolo di partito, rinunciando persino all’arcobaleno della coalizione. La svolta delle ultime ore accentua ancora di più questa strategia: il leader sono io, fa capire Prodi, non cedo nemmeno un millimetro. I veri guai potrebbero verificarsi quando tra pochi giorni, alla presentazione delle liste, si aprirà il problema dei rapporti di forza nella lista unitaria.
Il nodo dei seggi. In quella sede, infatti si dovrà verificare quanti saranno i seggi effettivamente indicati dal leader. Il problema non è di poco conto, visto che con molta fatica, dopo due vertici burrascosi, Prodi era riuscito a strappare 15 seggi.

Adesso, però, cinque di questi posti «sicuri» dovranno essere girati ad uomini di Clemente Mastella, in virtù dell’accordo stretto, per impedire il passaggio a destra dell’Udeur. Adesso resta da capire se, oltre al metaforico bastone, Prodi riuscirà ad ottenere anche il controllo delle poltrone e del portafoglio.

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