Prodi si difendeva così «Rimozioni punitive? No, sono promozioni»

da Roma

«Vergogna!» gridava il forzista Giorgio Jannone, «lei prende in giro il Parlamento!» incalzava Sandro Bondi, «Unipol, Unipol!» aizzava ancora da Fi Giuseppe Marinello, «sono totalmente insoddisfatto!» tuonava Carlo Ciccioli di An. Tutti contro Romano Prodi che stava difendendo il viceministro Vincenzo Visco dando addosso addirittura all’Ansa, colpevole di aver diffuso la notizia che a seguito dell’affaire Unipol, era stato azzerato l’intero vertice della Guardia di finanza in Lombardia. Era il 26 luglio dell’anno scorso, a Montecitorio. Una seduta infuocata, col premier chiamato a rispondere a due interrogazioni, una firmata appunto da Ciccioli e Ignazio La Russa, l’altra del capogruppo di Forza Italia Elio Vito. Temerario e arcisicuro come sempre Prodi, sfidando l’opposizione. Mentre gli scranni della maggioranza restavano muti e imbarazzati, quasi la cosa non li riguardasse o fossero imbarazzati. Solo Giovanni Carbonella, dal gruppone olivetano, sfidava: «Abbiamo cinque anni per vergognarci!».
Invece ne è bastato uno scarso, e ora che son note e pubbliche le dichiarazioni del generale Roberto Speciale ai magistrati, le parole pronunciate da Prodi alla Camera nella scorsa estate fanno arrossire. I verbali parlamentari di quel 26 luglio ne danno riprova.
Ciccioli aveva brevemente illustrato l’interrogazione di An, elencando i nomi degli alti ufficiali delle Fiamme gialle rimossi in blocco dalla Lombardia, per concludere che «verso questi trasferimenti che appaiono come rimozioni punitive, sembra vi sia stato particolare interesse da parte del viceministro Visco. A contrastare tali trasferimenti, in più riprese, anche se in maniera molto riservata, sono intervenuti i vertici giudiziari del Tribunale, della Procura e della Corte d'appello di Milano». E come ha esordito Prodi, rispondendo? Puntando il dito sull’agenzia di stampa che aveva acceso l’attenzione dei giornali su quei «trasferimenti» per il modo in cui ne aveva dato notizia, «in un orario inconsueto e mettendoli arbitrariamente in relazione con una vicenda che, inevitabilmente, li ha caratterizzati in maniera strumentale».
Qual è invece, la verità del governo e di Prodi? Visco aveva semplicemente «svolto, come è prassi, una serie di consultazioni con tutti i responsabili dei settori di sua competenza, dalle agenzie fiscali ai vari settori dell'amministrazione e alla stessa Guardia di finanza. Da tali colloqui è emersa l'opportunità di provvedere ad avvicendamenti che sono abituali in questi casi»; e sui quali si stava costruendo una «montatura» ovviamente, perché «di tali avvicendamenti, come è noto, l'Ansa ha dato notizia due giorni dopo, domenica 16 luglio, alle ore 22,19, titolando: Unipol, azzerati i vertici della Guardia di finanza della Lombardia. Nel corso della stessa nottata, il viceministro Visco ha drasticamente smentito qualsiasi collegamento con la vicenda Unipol e il comando generale della Guardia di finanza, a sua volta, ha smentito la notizia» con un comunicato.
Di più: il premier ha rivelato un particolare che ora fa adombrare sul viceministro pesanti sospetti. Proseguiva infatti Prodi: «Lunedì 17, appreso dalla stampa che la Procura di Milano aveva sollecitato chiarimenti in proposito, il viceministro Visco ha avuto un colloquio telefonico personale con il procuratore capo Manlio Minale, chiarendo gli aspetti della questione, assicurando che sarebbe stata riservata la massima cura nel garantire la continuità nell'azione di indagine».
Ovvio che l’opposizione insorgesse. Giunto il suo turno, Vito denunciò la «consueta spudoratezza» del premier che individuava il problema non nella «immotivata, illegale, intempestiva sostituzione» dei comandi lombardi, ma nel fatto che l’Ansa «ne abbia dato notizia a un’ora indelicata».

Ma Prodi, con sprezzo del pericolo, ha chiuso la vicenda sentenziando che non gli «risulta assolutamente» quanto contenuto nell’interrogazione di Vito e che «i generali e i colonnelli interessati» non sono stati affatto «penalizzati» ma anzi «destinati a incarichi di pari o superiore livello». E «quindi, non c’è nulla da aggiungere alla risposta precedente».

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