IL PROFESSORE DEL SILENZIO

IL PROFESSORE DEL SILENZIO

Ciò che sta accadendo nel centrosinistra smentisce punto per punto quanto agli italiani era stato detto e promesso prima delle elezioni e dopo. Il timone dell’Unione non l’hanno i Ds riformisti e nemmeno le Margherite esangui, le Rose un po’ balzane, i Girelloni dell’Udeur. Ce l’ha Bertinotti. Questi, tolta di sotto a D’Alema la poltrona di Montecitorio, lascia intendere senza mezzi termini che non si accontenterà di una funzione istituzionale e cerimoniale. Vuole invece, di persona o tramite i suoi colonnelli, imprimere un nuovo corso alla vita pubblica italiana. Lula e Chavez sono i suoi modelli - per darsi un contegno ha evitato di citare il modello autentico, Fidel Castro -, l’Italia dev’essere rivoltata come un calzino. E dunque a Mediaset toccherà un’energica cura dimagrante, la legge Biagi sarà abolita e all’occorrenza i casseurs di piazza avranno comprensione. Bertinotti fa il Bertinotti e non stupisce: anche se adesso lo fa da presidente della Camera in pectore e questo è più pericoloso. Ma gli altri, i notabili, i pensanti, gli autorevoli cosa fanno? Per non disturbare il manovratore il centrosinistra tace.
Prodi, nell’euforia di annunci smodati d’una vittoria da cercare con il lanternino, s’era dato aria di risolutore. Avrebbe provveduto lui, forte d’un programma mastodontico quasi come la Treccani e confortato dalla solidarietà della sua alleanza, a dirimere in un battibaleno le controversie. I piani d’azione erano già pronti, gli organigrammi completati, magari con la sola esigenza di qualche ritocchino.
Invece stiamo apprendendo - molti simpatizzanti del centrosinistra lo apprendono di sicuro con crescente inquietudine - che gli unici piani pronti sono quelli del subcomandante Fausto, che d’un organigramma d’imminente varo non esiste traccia, che si avverano giorno dopo giorno i peggiori pronostici dei commentatori più pessimisti (da non confondere con i sondaggisti, che è meglio dimenticare per un po’).
Le velleità pseudorivoluzionarie vanno a braccetto nello stato maggiore dell’Unione con una evidente e scoraggiante confusione. Romano Prodi s’inalberava se alla sua coalizione venivano attribuiti propositi di maggior tassazione in danno dei cittadini. Ma Bertinotti non s’accontenta di questo, prepara addirittura una «nuova fisionomia di società». Mi sembrano, queste, parole già ascoltate per bocca di personaggi che la storia associa a errori demenziali e ad atrocità infinite. Intendiamoci, nessuno pensa che il demagogo cachemirato abbia propositi tenebrosi. Semplicemente alimenta illusioni e fantasmi d’un passato da non rimpiangere con un linguaggio veteroclassista. E Prodi, il cosiddetto garante moderato della sinistra, il parrocone emiliano, ascolta muto. Il suo silenzio-assenso fa più paura del vociare di Bertinotti.
Tommaso Padoa Schioppa spiegava sul Corriere della Sera di ieri che di fronte alla situazione attuale - e, aggiungo io, a certi segnali che dal palazzo di centrosinistra vengono - «il cittadino non si deve spazientire». Magari si trattasse soltanto di avere pazienza. Gli italiani ne hanno tanta, ne hanno sempre avuta tanta, forse troppa. Ma adesso si tratta d’altro: d’affrontare con una qualche serenità - o senza nessuna serenità - gli anni che ci attendono.

Lula non aiuta, Chavez nemmeno, anzi: la loro retorica populista può anche avere una qualche connotazione valida nel contesto dell’America Latina, da noi rappresenterebbe un enorme passo indietro politico e culturale. Sta a Prodi d’illuminarci, ora e subito, sull’itinerario dell’Unione. C’è una domanda molto semplice che gli rivolgiamo: approva o no i detti bertinottiani? Non sia timido, Professore, ce lo dica.

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