Il progetto del Pdl divide gli alleati: "Ma il futuro è nel bipartitismo"

Gasparri di An invita a "una discussione collegiale, perché l’idea va coltivata seriamente". Nell’Udc scettico Tabacci: "Così ci si slega dai problemi del Paese"

Il progetto del Pdl divide gli alleati: "Ma il futuro è nel bipartitismo"

Roma - Il dibattito continua e le discussioni s’accendono tra gli alleati di Forza Italia, nonostante la smentita di Silvio Berlusconi. Segno che il progetto del Partito della libertà c’è e ha sostanza concreta, anche prescindendo dall’attivismo di Michela Brambilla; o quanto meno, i contenuti di questa «confezione» sono ritenuti essenziali per il futuro del centrodestra. Le opinioni risultano spesso diverse e contrapposte, anche nella stessa formazione. Al momento, le maggiori attenzioni all’argomento vengono da An. Nell’Udc c’è attesa, quando non addirittura scetticismo.

La Lega mostra di ignorare del tutto l’argomento, agitando unicamente la bandiera del federalismo fiscale. E mentre le formazioni minori postdemocristiane sono impegnate nel dibattito parallelo per formare un altro «nuovo» partito per il centrodestra, guarda tu la Dc, il Pdl fa discutere anche le microformazioni federate con Fi. Appunto, anche se il Cavaliere dice che quel partito è «l’isola che non c’è». Per ora, almeno. A dar la linea del Carroccio ha provveduto lo stesso Umberto Bossi a tarda sera. Il Pdl?, lo hanno interrogato. E lui, con tono duro: «Per la libertà c’è solo la Lega, che si è battuta per cambiare il centralismo dello Stato e dare a tutte le Regioni molta più forza e anche più mezzi. Tutti parlano, parlano, ma non ho mai visto gente che si strappa le vesti per la libertà».

Dicevamo di An, dove si levano reazioni di tono diverso. Maurizio Gasparri appare tra i più convinti e invita a lavorare al progetto del Partito delle libertà che «va coltivato seriamente, partendo dalle forze politiche disponibili, con regole democratiche e con l’ampio coinvolgimento dei cittadini. Senza colpi di teatro e con autentica passione civile». Gasparri spiega che «il referendum apre la via verso la evoluzione dal bipolarismo al bipartitismo. È una scelta in linea con le più avanzate democrazie occidentali. Apriamo una discussione seria e collegiale. Anche sul programma del nuovo governo di centrodestra». E poiché «la questione della leadership è stata chiarita dagli elettori, a noi il compito di dar luogo a un confronto serio e non da gossip sul Partito delle libertà».

Convinto ma già preoccupato dell’egemonia berlusconiana, Adolfo Urso esorta: «Il Partito delle libertà non è solo di Berlusconi, non può essere una costola di Forza Italia e nemmeno una creatura solo di Berlusconi, anche se tutti lo riconosciamo come leader della Cdl e naturale candidato a Palazzo Chigi. Il Partito delle libertà è la logica evoluzione della Casa delle libertà». Altero Matteoli, che come Urso si dice «felice» della smentita giunta dal Cavaliere, ha toni più critici: «Berlusconi è il leader della coalizione, deve quindi lavorare per unire e non per creare equivoci, anche a costo di sacrificare il suo partito. La prima occasione per farlo, come lui stesso ha annunciato, è a settembre, quando si riuniranno le forze della coalizione del centrodestra per riscrivere il programma di governo».

Nell’Udc, che ha sempre scansato le proposte per dar via al partito unico del centrodestra agganciato al Ppe, spicca il giudizio scettico di Bruno Tabacci: «Berlusconi ha una grande fantasia e la capacità indiscussa di organizzare colpi di teatro e diversivi in grado di sparigliare i giochi politici in atto. Solo che tutto questo non si lega con i problemi del Paese, col senso civile di appartenenza a una comunità nazionale, il senso del dovere, il principio di responsabilità, un’economia sana e trasparente».

Carlo Giovanardi, invece, è meno duro ma in realtà dubbioso, spiega che «da quel che legggiamo sui giornali, non si capisce ancora di che cosa si stia parlando». Dunque Giovanardi attende che «da questa nebulosa escano idee, progetti e proposte più chiare», e conclude: «Non esprimo giudizi, finché Silvio Berlusconi non parla».

Federato a Fi, il senatore Sergio De Gregorio che guida «Italiani nel Mondo» se la prende con la Brambilla e con l’Unione: «Il dibattito estivo sul Pdl è l’ultimo tentativo di un centrosinistra frantumato ed instabile per attentare all’unità della coalizione che ormai intercetta il gradimento della stragrande maggioranza degli italiani. Michela Vittoria Brambilla organizzi pure i suoi circoli, rafforzi sul territorio la presenza, ma eviti di provocare inutili terremoti, seppure post-ferragostani. D’altronde, se il suo progetto è destinato a rafforzare la coalizione, lo potranno confermare soltanto gli elettori».
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