«Pronto a usare l’esercito per i rifiuti di Napoli»

nostro inviato a Napoli

Un copione già scritto da giorni. Da quando Berlusconi ha deciso di passare la prossima settimana all’estero, impegnato nei vertici internazionali di Tripoli (Libia), Astana (Kazakhstan) e Sochi (Russia) nonostante la complicata situazione interna e l’avvicinarsi dell’atteso voto di fiducia del 14 dicembre. Il Cavaliere, infatti, vuole tenersi fuori dalle beghe interne e - spiega più volte nelle sue conversazioni private - «tirare dritto puntando su quanto ha fatto e sta facendo il governo». Lasciando quindi ad altri - leggi Fini - i toni polemici e le schermaglie.
Così, a Napoli per il caso rifiuti, seppure tra qualche contestazione da parte di studenti e precari il premier partecipa alla riunione in prefettura e assicura di voler imprimere un’accelerazione alla soluzione dell’emergenza. «Tra due settimane - dice - le strade saranno pulite. I rifiuti saranno portati in altre regioni e se necessario useremo l’esercito». Eventualità, spiega Berlusconi, su cui il ministro della Difesa La Russa «ha già dato la sua disponibilità». Il Cavaliere, poi, ammette ritardi nella realizzazione dei nuovi termovalorizzatori ma punta il dito contro gli enti locali. «Il governo - aggiunge - aveva risolto la situazione ma per essere definitiva era necessario che le autorità locali, a cui sono tornati i poteri dal primo gennaio 2010, adempissero agli impegni come la costruzione dei termovalorizzatori in tempi brevi, uno a Napoli est un altro a Salerno, e l’apertura di due nuovi siti per l’interramento dei rifiuti». Invece, aggiunge senza nominarla ma pensando al sindaco Iervolino, «non hanno fatto nulla».
E Berlusconi è così convinto di poter mettere mano alla situazione (tanto da dichiarare che «se ce ne fosse bisogno» anche «Piemonte e Veneto», governate dalla Lega, «daranno un aiuto», salvo ricevere in serata la risposta di Calderoli: «Spetta al territorio prendere questa decisione») che in conferenza stampa guarda già all’eventualità di un voto anticipato: «Ricordatevene quando si voterà». Elezioni che secondo Fini non ci saranno. «Nella legge elettorale - spiega il presidente della Camera da Roma - c’è un premio di maggioranza che non risponde a una concezione propriamente democratica visto che oggi se un partito ha il 30%, un altro il 29 e un altro ancora il 28, chi ha il 30 prende il 55% dei seggi». Insomma, «forse questo è il motivo per cui Berlusconi pensa di andare a votare e invece il voto non ci sarà».
Ora, a parte il fatto che dopo averlo votato - e sfruttato, perché senza questa legge probabilmente il Fli non sarebbe mai diventato gruppo parlamentare autonomo - Fini ha finalmente scoperto che l’attuale sistema elettorale non funziona, il punto sta nel fatto che l’ex leader di An ormai da giorni cerca di spazzare via il rischio urne. Non tanto perché davvero il Cavaliere le voglia - anche Berlusconi le considera infatti l’ultima ratio - quanto perché, a torto o a ragione, inizia a temere che se il governo superasse il voto di fiducia l’Udc potrebbe anche fargli qualche scherzetto. Traduzione: dare magari un appoggio esterno all’esecutivo per poi entrare in un rimpasto fra qualche mese, ovviamente «per il bene del Paese in un momento di crisi». Eventualità che per Fini sarebbe devastante. Già, perché se è vero che al momento - e questo ripetono i rumors interni al Palazzo - l’asse tra Fini e Casini è saldissimo, l’ex leader di An è consapevole del fatto che l’Udc - soprattutto al livello locale, dalla Campania alla Calabria passando per il Lazio - è in agitazione. E che Casini non dimentica il voltafaccia del predellino del 2006. Non si spiegherebbe in altro modo il nervosismo di Fini che, nonostante sia la terza carica dello Stato, arriva a dirsi certo che oggi Berlusconi non avrebbe la fiducia «ma non si andrebbe a votare». Come fa a saperlo? «E che ve lo vengo a dire a voi», si fa prendere la mano con i cronisti e con buona pace delle tanto evocate prerogative del Quirinale. Poi torna a rincarare la dose: «Berlusconi si dimetta.

Il governo deve cambiare agenda, perché persino una forza come l’Udc dice che Berlusconi deve lasciare e che si deve fare punto e a capo». Cosa ne pensa il Cavaliere? «Io lavoro, gli altri parlano», replica il premier da Napoli.

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