Proviamo a mettere la Patria prima degli egoismi

Il mondo arabo sta vi­vendo il suo Otto/Novecento, con sus­sulti di tipo risorgimentale e fanatismi ideologici di tipo islamico. Perciò è una polveriera, come lo fu il nostro secolo ter­ribile. Noi italiani, ieri come oggi, siamo nel mezzo, al confine

Proviamo a mettere la Patria prima degli egoismi

Signori, stiamo vivendo la terza guer­ra arabo-occidentale. Una ogni dieci anni. Nel ’91 si cominciò con l’attacco all’Irak. Poi, nel 2001, dopo l’11 settem­bre, partì la guerra agli Stati-canaglia. Ora, nel 2011, dopo la rivolta del nord-Africa, siamo in Libia. Sullo sfondo la pol­veriera palestinese con Israele, l’Afgha­nistan e l’Iran. Appena cadde il blocco sovietico, la tensione si spostò da est/ ovest a nord/sud. Il mondo arabo sta vi­vendo il suo Otto/Novecento, con sus­sulti di tipo risorgimentale e fanatismi ideologici di tipo islamico. Perciò è una polveriera, come lo fu il nostro secolo ter­ribile. Noi italiani, ieri come oggi, siamo nel mezzo, al confine.

Ha suscitato dissensi la tesi finale di un mio editoriale: a torto o ragione sto con l’Italia. No, mi hanno scritto vari lettori, io non sto con il mio Paese se ha torto. Alcuni hanno citato giusti esempi per di­mostrare che a volte si deve dissentire. Innanzitutto non ho detto che si devono condividere tutte le decisioni che assu­mono i governi in carica, ma una cosa diversa: il mio Paese viene prima delle mie personali preferenze. Nel caso libi­co, gli interessi del mio Paese non coinci­dono con quelli francesi o dei «volente­rosi ». Invece la posizione assunta dal go­verno italiano in questo caso mi pare che rispecchi questo disagio e cerchi una via d’uscita.Ci sono ragioni geopoli­tiche, flussi migratori, interessi strateg­i­ci ed economici che ci portano a diverge­re dai falchi. Comunque non si tratta di allinearsi in modo cieco e assoluto al pro­prio Paese.

A volte bisogna avere il corag­gio di discordare; lo so bene, sfondate una porta aperta. Ma se il tuo Paese vie­ne coinvolto in un evento più grande di te, non puoi far l’obbiettore di coscienza ma devi capire che se la nave affonda ci sei dentro anche tu, anche se ti dissoci. Insomma è giusto - non sempre, ma in linea di massima, come regola generale - essere solidali con la propria comuni­tà.

Anche per compensare l’egoismo no­strano che spesso si ammanta di nobili ragioni di principio per anteporre in real­tà i fatti propri al comune destino. Non fa male, talvolta, pensare più in grande. Con amor patrio.

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