Chi volesse riconoscere un interista (solo nel senso di tifoso) al primo acchito non avrà difficoltà, se seguirà attentamente queste istruzioni per luso: quando lInter vince facce sorridenti e sfarfalleggianti, ironia facile e pronta, indubitabile petto in fuori, un saltarti intorno come i lilliputziani con Gulliver. Se lInter non se la passa bene, occhi bassi, colorito cadaverico, parole disfattiste, unaccusa e una critica per tutti, dallInter di Moratti anni Sessanta alle stupidaggini verbali di Mourinho, carta di via per più di metà squadra. Di solito si salva Zanetti, solo perchè è un bravo ragazzo.
Questo per dirvi che ci siamo: il disfattismo è vicino. Psicosi (ingiustificata) da derby. La Lazio e il Bari hanno fatto più danni dei cambi tattici di Mourinho. LInter straordinaria, e sulla carta imbattibile, è già da rivedere. Lidea del terzino allala risale al Bologna anni 60. Che meraviglia! Se non ci fossero, gli interisti sarebbero da inventare.
I milanisti sono più carognette: soffrono ma in silenzio. Mugugnano, ma non la danno subito vinta. Hanno acchiappato un risultato, dopo una serie da depressione (già, ma non sono interisti) e sbocconcellano ottimismo seguendo le profezie di Kakà: segnano Nesta e Pato e 2-0. Vai Milan! Alberto Sordi e Monica Vitti ce la cantavano giusta: «Ma ndo vai, se la banana non ce lhai?». Appunto. Basterà Ronaldinho? Siamo ai discorsi da fuori di testa: vinciamo il derby, 5 punti avanti allInter. Chissà...
Ecco, il mondo si è già rovesciato. Vabbè, dici derby e pensi: vince la squadra sfavorita.
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