Quando il broglio è proprio un imbroglio

Caro Paolo, il procedimento, l’iter è sempre lo stesso. Si prende il candidato considerato di destra (nel caso specifico Mahmud Ahmadinejad) e, settimane prima delle elezioni, si comincia a dire e scrivere che pur di farlo vincere, certamente, i poteri «forti», gli antidemocratici perennemente in agguato, ricorreranno ad ogni possibile imbroglio e che, soprattutto, i «cattivi» metteranno senza dubbio in opera brogli elettorali tali da stravolgere il volere liberamente espresso dal popolo, inevitabilmente a favore del «povero» e perseguitato candidato ritenuto di sinistra (ancora nel caso, Hussein Moussavi). Alla fine, visti gli esiti del voto, se il «figlio prediletto» ha prevalso, si gioisce e si esalta la «vigilanza democratica» che ha impedito il trionfo del malaffare. Se ha perso si grida, stracciandosi le vesti, al delitto, al tradimento, all’attentato alla democrazia. Non che nel fare un simile discorso io intenda in qualche modo schierarmi accanto a Ahmadinejad (comunque, uno dei pochissimi uomini politici che non imbrogliano visto che dice sempre pane al pane e vino al vino). No, intendo solo denunciare un procedimento - questo sì, davvero antidemocratico! - delle sinistre mai disponibili ad accettare una sconfitta inflitta loro dall’amato/odiato (dai radical chic) popolo.

Ah, dimenticavo: se, per ipotesi, le votazioni hanno luogo in Paesi nei quali la destra è tagliata fuori dal potere, magari con metodi dittatoriali, mai che a qualche «anima bella» sinistrorsa venga in mente che i brogli possano essere messi in opera dagli «amici». Per carità. Impossibile!

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