Quante ville abusive per la setta millenarista

Se i Venusiani o i Girotondini sbarcassero con l’astronave in quel lenzuolo di costa tarantina che si spinge sino al confine con la provincia di Lecce, chessò a Torre Ovo, a Tramontone, a Saturo, a Marina di Pulsano o a Campomarino. Se ammarassero dove le colline pietrose dei trulli e del Primitivo digradano verso il mare azzurro intenso, quel mare che dentro l’acqua pare di stare a Cuba e invece ti giri e fuori dall’acqua le zolle di macchia mediterranea scazzottano con le case vista-spiaggia o dentro-la-spiaggia rigorosamente abusive, che vengono tirate su un pezzo alla volta - il primo anno il primo piano, il secondo quando si trovano i soldi o quando il figlio si sposa, il terzo adesso non esageriamo, perché la figlia il suo piano privé se lo fa costruire dal suocero che sennò fa la figura del pezzente - e hanno l’intonaco dei muretti rifinito con le maioliche che nel resto del mondo servono a rifinire i cessi.
Se capitassero da quelle parti la notte del 10 o del 15 agosto (ma se arrivasse Bertolaso in perlustrazione fa uguale) troverebbero migliaia di persone stipate, assiepate, inzippate e penserebbero certamente una di queste cose: 1) C’è stato un terremoto, un incendio (un altro...), insomma una catastrofe e la popolazione s’è riversata sulla costa; 2) Qui la popolazione vive sulla riva del mare come gli antichi; 3) Una setta millenarista ha radunato i suoi seguaci e accende fuochi propiziatori ed erige altari e templi; 4) C’è una selezione per L’isola dei famosi.
La verità è che si festeggiano così San Lorenzo o Ferragosto da queste parti, dove vige la seguente regola: la festa comandata si fa con la famiglia e siccome il mare non può arrivare al paese e il mare senza il paese non è bello, allora si ricostruisce il paese sul mare. E dunque utilitarie, camioncini o gipponi carichi di nonne di nero vestite, suppellettili e attrezzi vari scaricheranno sulla spiaggia tutto l’occorrente per montare la città per una notte e smontarla la mattina appresso. E dunque sulla riva dei paesi smontabili ci saranno i capannelli di vecchine con le sedie impagliate sull’uscio dei tendoni e i vecchini che giocano a zecchinetta intorno ai tavoli. E dunque vedremo per chilometri una processione di canadesi per venti persone, piazze improvvisate, falò giganteschi, enormi tensostrutture e gazebo per ospitare tavelloni trascinati a braccia da energumeni in canottiera chiazzata, che fanno a gara a chi intruppa la tavolata più numerosa, gruppi elettrogeni che reggono lampadoni da discoteche stellari, casse stereo per sparare a palla Nino e Gigi, barbecue dalla superficie che metterebbe ko un asador della pampa, vasconi per tenere al fresco i cocomeri e la birra Raffo, fuochi d’artificio avanzati da Capodanno. E dunque scruteremo matrone stendere tovagliate di pasta, cozze, insalate di polpo, melanzane fritte; e i mariti arrostire fegatini d’agnello, braciole e salsicce che espandono profumo prima di essere divorate in un chiasso infernale. E si beve e si canta, e alla mezzanotte tutti in acqua, tranne le vecchine di nero vestite.

Annotiamo la seguente espressione onomatopeica: «Vicè, pigghi’a sasizz’ca tande nu scinne», ovvero «Vincenzo, mangia la salsiccia che tanto non vai a fondo». E Vicè, meridionale diligente, mangia e si tuffa.
(4. Continua)

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