Quei bulli di periferia senza alcuna ideologia

(...) a un maggiorenne è stato imposto l’obbligo di firma. Gravissime le accuse: rapina aggravata, lesioni, minaccia, con l’aggravante di aver commesso il fatto per finalità di discriminazione e odio raziale. Per gli inquirenti, però, non c’è alcun movente politico alla base delle aggressioni: «Sono risultati tutti completamente “a digiuno” di politica». Circostanza confermata dalle perquisizioni: nelle case degli indagati non è stata trovata traccia di materiale riconducibile a un qualche schieramento di tipo estremista. Nessun legame neppure con il mondo degli ultrà. Semplicemente bulli, dunque, con precedenti penali in alcuni casi anche gravi, ma appartenenti a famiglie normali, di impiegati e operai. «Non della “Roma bene”, nè figli di pregiudicati», spiegano gli investigatori. Che negano l’esistenza di un allarme razzismo nella zona, definendo un’«anomalia» questo caso di intolleranza razziale. Una volta in caserma i giovani non avrebbero provato a giustificarsi in alcun modo. Disperati i genitori, soprattutto quelli per i quali non si tratta del primo «incidente» del genere.
Era un ventenne il capo branco. Cinque gli episodi accertati, probabilmente molte di più le aggressioni subite dagli extracomunitari, che potrebbero non aver denunciato per timore di essere espulsi a causa di permessi di soggiorno non in regola. I componenti del gruppo erano determinati a far capire chi comandava nella zona. Trascorrevano le giornate tra i bar della zona e le movimentavano terrorizzando gli stranieri che numerosi vivono nelle palazzine di cemento di questa periferia degradata. Si ritrovavano in via del Trullo e aspettavano il malcapitato di turno, che veniva coperto di insulti («Te ne devi andare», «Romeno di m...», «Torna a casa tua», «Qui non vi vogliamo, siete dei pezzi di m...»). Colpivano quasi sempre in cinque, talvolta tutti insieme. E intimavano alle vittime di non denunciare l’accaduto. Organizzavano dei veri e propri agguati, talvolta chiedevano semplicemente il pedaggio per passare di lì. Tra le cinque aggressioni accertate, quella a un barista romeno pestato a sangue per essersi rifiutato di offrire ai ragazzi delle birre. Una sola donna tra le vittime, una giovane guatemalteca che fu avvicinata sempre in via del Trullo, malmenata e derubata. Dopo aver privato le loro prede di denaro e oggetti personali e prima di fuggire, i bulli colpivano i poveretti con i caschi da motociclista, provocandogli delle lesioni, fortunatamente non gravi.
Gli stranieri che venivano aggrediti non trovavano conforto soltanto tra i propri connazionali, ma erano gli stessi abitanti italiani del quartiere a offrire loro soccorso. Ed è stato anche grazie alle loro testimonianze che i carabinieri sono riusciti a risalire ai componenti della banda. Ieri il blitz ordinato dalla Procura: i due minorenni (di 16 anni) sono stati portati all’Istituto penitenziario minorile, due maggiorenni a Rebibbia e un altro ai domiciliari.
Duro il commento del sindaco Gianni Alemanno, che si è complimentato con i militari di Villa Bonelli: «Mi auguro che, una volta accertati i reati di cui questi ragazzi si sono macchiati, aggravati a quanto pare dalla discriminazione e dall’odio razziale, si possa procedere in tempi brevi ad una condanna esemplare».

«Il diagio giovanile, che porta alla disperazione e alla violenza, è lo specchio di una società disgregata», commenta il segretario regionale dell’Udc Luciano Ciocchetti. «Da anni chiediamo una nuova stazione dei carabinieri al Trullo poiché la sola stazione di via della Magliana non riesce a controllare un territorio così vasto», osserva Federico Rocca, consigliere comunale del Pdl.

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