Quei corpi accatastati ad Haiti che gridano alla nostra coscienza

Ad Haiti, in queste ore, l’unica cosa che non manca sono i cadaveri. I circuiti mediatici internazionali mettono in rete immagini sconvolgenti: distese di corpi a perdita d’occhio, ammassati uno sull’altro, sfigurati. Immagini impietose e crude, che indugiano sui corpi straziati dei bambini. E come se non bastasse, viene rilanciata la notizia che gruppi di abitanti della capitale haitiana Port-au-Prince avrebbero persino creato dei posti di blocco con i cadaveri per chiedere di essere considerati, per chiedere di ricevere soccorso e generi di prima necessità. A tre giorni dal sisma che ha ucciso seppellendolo sotto cumuli di macerie un numero enorme di persone, migliaia di disperati hanno inscenato proteste per chiedere acqua, cibo, e aiuto nel tentativo di estrarre chi è ancora vivo sotto le case crollate.
Shaul Schwarz, fotografo di «Time», ha raccontato di aver visto almeno due posti di blocco formati con i cadaveri delle vittime del terremoto. «Stanno cominciando a bloccare le strade con i cadaveri. La situazione sta diventando davvero brutta. Le persone sono stufe di non ricevere aiuto», ha detto il fotografo all’agenzia Reuters. Sul sito Web del magazine americano, è online il reportage di Schwarz, e lì in realtà non si parla di «posti di blocco» formati volontariamente, ma si dice soltanto che i cadaveri sono tantissimi, che vengono accumulati ai lati delle strade e che le stanno ostruendo. Intanto il presidente di Haiti, René Preval, ha annunciato che in una fossa comune sono state seppellite settemila persone uccise dal sisma. Oltre 1.500 morti sono stati ammassati davanti e all’interno dell’obitorio del Policlinico di Port-au-Prince, e i camion requisiti dalla polizia continuano a scaricare in questa impressionante fossa comune a cielo aperto centinaia di cadaveri in decomposizione a causa delle temperature tropicali. Queste immagini ostentate e orrende richiamano, nella loro drammaticità, altre immagini ormai lontane nel tempo, quelle dei cumuli di corpi scheletriti degli ebrei vittime della barbarie nazista nei campi di sterminio. Le richiamano per il modo disumano con cui le vittime sono ammassate, formando una distesa informe, dalla quale spuntano mani, piedi, teste. E tutto viene doviziosamente filmato, fotografato a distanza ravvicinata, indugiando sui dettagli.
Di fronte a queste immagini qualcuno potrà chiedersi dove sia andata a finire la pietà per i morti. Quella pietà che da tempo immemore ha sempre distinto la civiltà dalla barbarie. E se davvero gruppi di cittadini esasperati avessero usato barricate di corpi per fermare il traffico e attirare l’attenzione sulla loro tragica situazione, un atto che si vorrebbe non fosse mai avvenuto, il giudizio indignato dovrà tener conto di quale sia il grado di angoscia nel Paese più povero dei Caraibi. Un Paese che sta vivendo la prova più difficile della sua storia, se davvero si fa scempio dei cadaveri, se davvero viene meno la pietà verso i morti solo per richiamare l’attenzione del mondo alla necessaria pietà per i sopravvissuti. Se davvero si usano i resti delle vittime del sisma per entrare, in qualche modo, nel circuito mediatico.
Ma c’è una domanda che in queste ore dovrebbe porsi chi segue il dramma haitiano attraverso la televisione o la rete web. Una domanda che scaturisce proprio da quelle immagini di morte e devastazione. È più grave la mancanza di rispetto verso i morti di chi, forse, ha usato dei cadaveri per inscenare una protesta, o è più grave inondare i circuiti mediatici internazionali di immagini che non solo documentano l’entità della tragedia limitandosi a scorci d’insieme, ma scavano con i teleobiettivi tra i volti tumefatti di bambini, donne, uomini? Poveri corpi di povera gente accumulati come sacchi d’immondizia in una discarica, cadaveri ai quali non si sa come dare sepoltura, ma che meriterebbero innanzitutto il nostro rispetto e la nostra pietà. Lo stesso rispetto e la stessa attenzione che i media hanno avuto, nell’aprile scorso, per le vittime del terremoto in Abruzzo. Perché i morti meritano lo stesso trattamento nel primo, nel secondo come nel terzo mondo. L’aiuto concreto alla popolazione di Haiti rappresenta oggi la vera sfida per la comunità internazionale e per ciascuno di noi.

Certe immagini, certi pugni nello stomaco posso essere utili per sensibilizzare l’opinione pubblica. Ma la pietà verso i morti dovrebbe impedire che alcune di queste circolassero. Si possono sentire i disgraziati abitanti di Haiti vicini e fratelli anche senza vederle.

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