Quei democratici snobbati dai voti del Nord

Doveva essere un incontro segreto, ma è stato il classico segreto di Pulcinella, se è consentito usare questa espressione per tre uomini del Nord, esponenti dell'eventuale Partito democratico. I magnifici tre: il sindaco di Torino Sergio Chiamparino, quello di Venezia Massino Cacciari e il presidente della Provincia di Milano Filippo Penati. Un segreto di Pulcinella, giacché la notizia è regolarmente arrivata ai giornali: i tre cisalpini del Pd, ignorati nella fase costituente ed esclusi dal famoso comitato dei 45 detto «vengo anch'io? No, tu no», si sono incontrati per parlare di Partito democratico del Nord «autonomo anche nelle alleanze dalle logiche romane». E giacché era da queste parti, hanno invitato anche Fassino: «Venga a prendere un caffè da noi». Per dirsi cosa? Chiamparino: «Tra la Tav e l'Unione scelgo la Tav». Bravo! Cacciari: «Noi non siamo la sinistra dei no». Bene! Penati: «Non è una bestemmia parlare di alleanze diverse da quelle romane». Giusto! Con conseguenti strizzatine d'occhio alla Lega. Tutto condivisibile e legittimo, tanto più se serve ad avviare un processo di aggregazione anche nel centrodestra, ipotesi per la quale facciamo il tifo. Ma il guaio è che a questo punto non si tratta più solo di capire i termini della questione settentrionale, che i magnifici tre conoscono benissimo. Non basta più parlare di tasse, infrastrutture, burocrazia. Non si risolve più così l'ormai deteriorato rapporto fra la sinistra e il Nord. Lo dimostrano i recenti risultati elettorali ma anche le accoglienze entusiastiche che riceve Berlusconi.

No, ormai è una questione di credibilità ed di entusiasmo. Il potenziale elettore nordista del Pd sembra profondamente sfiduciato e depresso. Per scuoterlo non bastano le riunioni segrete, serve l'elettrochoc: crisi di governo, elezioni e facce nuove.

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