QUEI FANTASMI DI UN’ESTATE TINTA DI GIALLO

Vi confesso che non volevo crederci. Non amo il genere complotti, diffido dei dietrologisti in servizio permanente effettivo. Le spy story mi hanno sempre annoiato un po’: anche quando vado in libreria preferisco i romanzi solari agli intrighi di corte. Che ci volete fare? Vengo da una famiglia contadina, dove da sempre un melo è un melo e un ciliegio un ciliegio: se qualcuno ci viene a raccontare che in realtà il melo è un diabolico cetriolo incrociato con una zuppa al peperoncino, comincio a sospettare che mi vogliano fregare. Le trappole, dalle nostre parti, le usiamo al massimo per i topi. Mica per i premier.
È dunque con grande diffidenza che mi sono avvicinato al complottismo, nuovo genere di successo in questo inizio estate 2009. Ma più ci ficco il naso dentro, più devo farmi forza e superare le mie ritrosie genetiche: se non è un complotto, beh, quello che si sta tramando nelle segrete stanze, se non altro ci assomiglia molto. Ci sono troppi elementi che non tornano, troppi segnali che si accumulano. Troppi fantasmi che non si riescono a dissipare. Di sicuro c’è qualcosa che si sta muovendo velocemente nell’ombra. E, purtroppo, non è il calciomercato del mio amato Torino.
Prendete D’Alema. Di sicuro, come abbiamo avuto modo di dire, lui è intelligente per definizione. E allora perché uno così intelligente (per definizione) si lascia andare ad annunciare possibili «scosse» al governo? Di quali «scosse» sta parlando? E perché avverte i suoi di tenersi pronti? E come fa a parlare di Berlusconi come di un «leader dimezzato»? Dimezzato da che? Baffino, si sa, oltre che di regate è il massimo esperto anche di fregate: quello del «tramo nell’ombra e abbatto il premier democraticamente eletto» è un genere che ha praticato con una certa dimestichezza in passato. Che non gli sia bastato? L’altro giorno Franceschini ha convocato una conferenza stampa in fretta e furia, dopo aver bigiato l’appuntamento coi giovani industriali di Santa Margherita Ligure. Si capisce: doveva difendere il suo azionista di maggioranza, la Repubblica, da un presunto attacco da parte di Berlusconi. Ormai il leggenDario è ridotto così: non muove foglia che Ezio Mauro non voglia. Ma l’avete visto? Aveva quello sguardo un po’ allucinato da stato di emergenza. «Non mi farò intimidire». E chi lo intimidisce (a parte i suoi compagni di partito che gli vogliono fare le scarpe)? Perché ributtare tutta la discussione politica, che sta cercando di uscire dalle secche della campagna elettorale, dentro le categorie della minaccia e della paura?
Le due uscite successive, quella del segretario del Pd e quella di uno dei massimi maître à penser della sinistra, non possono non far pensare che i Democratici siano allettati dal vecchio schema della vigilanza democratica. In altre parole: noi siamo i migliori, noi siamo i custodi della libertà e della Costituzione, solo noi di fronte a una grave crisi internazionale (magari nelle vicinanze del G8...) possiamo garantire la corretta vita delle istituzioni. Come ciò sia possibile nelle condizioni in cui versano è difficile da immaginare (chi è la sentinella della democrazia? Ermete Realacci? Il prof Ignazio Marino, esperto in eutanasia? La Susan Boyle di Veltroni, Debora Serracchiani?). Ma tant’è: a volte le illusioni sono più forti della realtà.
Noi restiamo convinti che il complotto, questa volta, abbia poche probabilità di riuscire. Per un motivo molto semplice: anche se Berlusconi è stato lasciato troppo solo in campagna elettorale, la maggioranza è forte. Ed è uscita ancor più forte dalle urne. Soprattutto la Lega ha avuto la conferma che, rimanendo al governo, aumenta le sue preferenze: non è più condannata ad essere un partito di lotta, il suo popolo premia i risultati che ottengono i ministri lumbard dentro le istituzioni. Quindi, al di là del patto di ferro tra Bossi e il Cavaliere, il Carroccio non ha nessun interesse a destabilizzare il quadro politico. Né si possono realisticamente immaginare defezioni in massa dall’interno del Pdl. E chi lo sosterrebbe allora questo ipotetico governo non eletto dal popolo che dovrebbe sostituire Berlusconi? Con che voti otterrebbe la maggioranza in Parlamento? E davvero si può pensare, anche solo un istante, che persone come Draghi, Letta o Tremonti (tanto per fare tre nomi circolati nelle interviste e su Internet) possano prestarsi a manovre di questo genere?
Come vedete: non c’è trippa per gatti. E nemmeno per D’Alema. Però ciò non toglie che, con buona pace di mio nonno contadino e delle sue lezioni di sano pragmatismo, ho il sospetto che le trame non siano ancora finite. E che dovremo occuparcene ancora. A prima vista quella montata da Repubblica e cavalcata dal Pd sembrava solo una mossa elettorale disperata, dettata dalla mancanza di altri argomenti convincenti in prossimità delle urne. Invece forse c’è qualcosa di più. L’estate si tinge di giallo. E tante domande restano senza risposte.

Qualcuno, per esempio, sa dirmi perché un fotografo che, fino a prova contraria, vende foto per vivere ha accumulato nel suo archivio 7mila scatti sulla villa del premier e li tira fuori solo adesso, tutti insieme? A che gioco sta giocando? E, soprattutto, con chi?

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