Quei giochi di prestigio con donne, giovani, portaborse e «figli di»

Il leader del Pd smentisce nei fatti tutte le buone intenzioni e cerca di far dimenticare le risse moltiplicando gli annunci a effetto

da Roma

E la donna cannone, manca la donna cannone nell’incredibile circo di Walter Barnum? Se ha ingaggiato domatori di pulci, schiere di saltimbanchi, trapezisti spericolati, vecchie tigri dal ruggito stanco e giovani barboncini da far saltare infiocchettati nel cerchio di fuoco allo schiocco della sua frusta, il poliedrico Veltroni non dovrebbe aver dimenticato il numero più crudele e pirotecnico dello spettacolo circense. Pare invece che al campionario manchi proprio la donna cannone. Forse temeva che Francesco de Gregori si risentisse, ripagandolo con qualche frecciata al curaro. Oppure il ruolo di giocoliere in cui è impegnato s’è fatto estremamente complicato, troppi birilli da far volteggiare in aria: con la testa fissa alla girandola, va dimenticando particolari pur importanti. Ma si può fare, anzi we can, che nel circo elettorale a più piste del Pd, Veltroni abbia imbarcato di tutto e il suo contrario? Con l’aggravante di smentire nei fatti ogni buona intenzione dichiarata il giorno prima. Coraggio e faccia tosta non gli mancano, provvede a nascondere le «incongruenze», chiamiamole così, con nuovi annunci da contraddire l’indomani, ma sino al 12 aprile la fantasia non manca, dopo si vedrà. E poco importa che nel frattempo il caravanserraglio messo insieme ribolla al limite dell’esplosione, scuota il tendone rischiando di fargli precipitare in testa i troppi birilli lanciati a sfidar la terra e il cielo. Il giovane Walter avanza ugualmente, senza dolori.
Sin troppo spregiudicati, i suoi volteggi. Aveva detto che «è una pura invenzione che noi si voglia candidare i figli di...», ricordate? Solenne promessa da un comizio a Foggia, il 22 febbraio. Ora le liste son fatte, ed ecco la figlia di Totò Cardinale, il figlio di Roberto Colaninno, la figlia di Stefano Madia che gli aveva organizzato una lista civica per il Campidoglio, e poi la moglie di Piero Fassino, quella di Antonio Bassolino e chissà quanti altri parenti. «Vogliamo un partito che non sia un bene privato, di proprietà dei suoi fondatori e dei suoi dirigenti» (lettera ai costituenti del Pd, agosto 2007): ed eccoti lo scranno garantito al portavoce di Dario Franceschini, a quello di Romano Prodi, alla segretaria di Beppe Fioroni, ai «consiglieri» di Rosy Bindi e di Vincenzo Visco. Dopo la levata di scudi generale, Franceschini ieri ha avuto il coraggio di rimbeccare che «anche Andreotti era un collaboratore di De Gasperi». Occhio a Piero Martino, sta già ingobbendo.
La più fresca e cocente riguarda la presenza femminile nelle liste. Veltroni e compagnia erano partiti da una quota rosa del 40%, poi son scesi al 30%, infine han fatto flop. Anzi, il gioco delle tre carte. Perché un 30% di donne c’è davvero in lista, ma quasi tutte nei posti bassi, senza alcuna speranza di elezione. E Franceschini insiste ugualmente, vantando che «sono 10 le donne capolista e 22 quelle in testa di serie». Appunto, tra gli eletti la quota rosa sarà intorno al 10%. Vai così, pure sullo svecchiamento, Veltroni s’è sbarazzato di Ciriaco de Mita, perché «a quell’età e dopo 44 anni in Parlamento è giusto dare spazio agli altri», però chi ricandida? Sergio Zavoli, 5 anni più degli 80 di De Mita, in pista anch’egli da una vita.
Andiamo avanti col «corro da solo», anzi «libero», e poi s’apparenta con Tonino Di Pietro? Finendo come il gatto e la volpe, lui dice che Mediaset è un bene da tutelare l’altro invece che al Cavaliere van tolte due reti. Col Pr lo scontro continua, l’altra sera in tv assicurava che «i nove eletti radicali ci sono», però Emma Bonino grida alla truffa e Marco Pannella fa lo sciopero della sete. Bel casino ha scatenato, sperando di conciliare le richieste della Chiesa con quelle dell’Arcigay. E Massimo Calearo, il presidente di Federmeccanica lanciato nonostante gli anatemi di Veltroni sull’«egoismo padano» e il «qualunquismo fiscale»? Calearo ne ha fatta un’altra, elogiando Clemente Mastella perché «ha fatto cadere il governo di Prodi», scatenando le ire di Arturo Parisi che ora sta «meditando sulla incompatibilità» tra la sua presenza in lista accanto a Calearo. Ma non meravigliatevi di chi, ancora due anni fa, prometteva in tv che «alla fine di questo secondo quinquennio come sindaco di Roma, avrò concluso la mia esperienza politica: nella mia testa e nel mio cuore c’è l’Africa».
PS. Ci dicono dalla regìa, del loft ovviamente, che sì, hanno dimenticato proprio la donna cannone.

Ma essendo le liste ormai chiuse, Veltroni provvederà lanciando in quel ruolo il fido Goffredo Bettini, con regolamentare tutù e tappi per le orecchie. Non mancheranno certo i volontari, per sparargli il colpo di cannone. Se po’ fa’.

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