Quei privilegi assegnati ad honorem

Adriano Sofri in permesso nella sua casa di Firenze due giorni al mese, Adriano Sofri che gioca a calcio fuori dal carcere, Adriano Sofri che - è stata avviata in proposito una pratica - potrebbe lavorare nella prestigiosa Normale di Pisa. Siamo - credo che su questo non esistano dubbi - in presenza di un detenuto molto speciale: che oltretutto scrive su giornali importanti e rilascia dichiarazioni impegnative riguardanti i maggiori eventi nazionali ed esteri.
La presenza di Sofri nella vita del Paese privilegia ormai in lui il maître à penser e confina in una penombra fonda il condannato per un omicidio esecrabile. A questo punto è difficile per chiunque, me compreso, riordinare le idee e capire se stiamo assistendo a meritati - e non richiesti - riconoscimenti, o a privilegi concessi alla notorietà mediatica e alla militanza nei ranghi d’una sinistra magari eversiva ma pur sempre accreditata di nobili ideali.
Una prima osservazione - strettamente personale - mi sembra opportuna. I generosi strappi - ripeto, mai invocati da Sofri - alla routine penitenziaria, strappi dei quali lo stesso ministro Castelli riconosce la regolarità formale, rendono piuttosto incongrua la disputa tra il Quirinale e il ministro sulla grazia a Ovidio Bompressi (personaggio che, come è noto, fu vincolato a Sofri nella condanna e, secondo l’accusa e la sentenza definitiva, anche nell’uccisione del commissario Calabresi). Esiste - in Italia esiste sempre - una strategia trasversale e aggirante, non enunciata ma nella sostanza applicata, che è quella di cui ci si serve per questo recluso eccellente. La grazia non c’è, ma in effetti c’è. Mentre il caso Bompressi mobilita giuristi e costituzionalisti - che si divertono un mondo - il caso Sofri procede per le sue strade tortuose, fra appelli e pressioni che vengono da alti pulpiti del sapere e del pensare.
Lo si vorrebbe perfino in un ateneo, niente meno che alla Normale di Pisa, e davvero mi pare troppo. I singoli possono dissentire dalle decisioni della giustizia, ma lo Stato non è autorizzato ad avallare il dissenso concedendo il diritto di collaborare con autorevoli docenti a chi - secondo la legge - si è arrogato il diritto di ammazzare nel nome di odi e furori ideologici. È un curioso Paese il nostro. Nel motivare le assoluzioni degli ultimi imputati per piazza Fontana la Cassazione ha affermato che colpevoli della strage furono Franco Freda e Giovanni Ventura, già prosciolti in via definitiva. Non azzardo paragoni. Ritengo che al Sofri di oggi debbano essere concessi tutti i permessi e le libertà possibili e immaginabili, nessuno lo ritiene anche lontanamente pericoloso. Adesso però si pretende che, implicitamente anche se non esplicitamente, lo Stato mandandolo alla Normale rinneghi la sentenza definitiva che gli ha attribuito la responsabilità dell’assassinio di Luigi Calabresi.


Si ha l’impressione che certe sentenze non passino davvero in giudicato, ma vengano messe sul mercato dei sofisti e degli opinionisti, e che lì siano sottoposte a un estremo riesame. Nel quale Sofri viene promosso a pienissimi voti, innocente, mentre Freda e Ventura sono bocciati, colpevoli.

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