Quel «dado» in Bicocca fatto di vetro e pietra

Un libro racconta com’è nato il «Quartier generale» della Pirelli realizzato da Gregotti

Luciana Baldrighi

Quando Vittorio Gregotti cominciò a pensare nel 1984 ai nuovi spazi che avrebbero dovuto ospitare e rappresentare la Pirelli, realizzati poi dal 1994, la sua immaginazione lo portò a considerare il «cuore dell’azienda» come un qualcosa che inglobasse le antiche strutture industriali come quella della «torre di raffreddamento», le palazzine d’epoca come la quattrocentesca Bicocca degli Arcimboldi, ma contemporaneamente si ponesse come elemento innovativo e proiettato verso il futuro.
Deriva da qui la costruzione dell’edificio della «Headquarter Pirelli Re», oggi sede della sua società immobiliare. L’edificio che si presenta come un cubo di 50 metri di lato composto da tre ali destinate a uffici e un fronte vetrata verso il giardino con tanto di una grande hall con una copertura in vetrocemento a tutta altezza che funge da corte interna di distribuzione, connessione e incontro tra i diversi spazi. L’edificio che si presenta su un basamento di due piani dove sono collocati i parcheggi privati e il portico d’ingresso ha una fronte vetrata verso il giardino dalla quale si può scorgere la Bicocca degli Arcimboldi. Il «Quartier-generale» del Gruppo Pirelli fu immaginato dieci anni fa come allegoria di nuovi contenuti di lavoro e della trasformazione dell’area che da recinto diventava parte della città. L’«Headquarter Pirelli Re» ingloba senza distruggere le attività collettive e pubbliche proponendosi come organizzazione spaziale alternativa a quella più tradizionale del terziario, senza per questo dimenticare il processo in corso. Oltre alla «Gregotti & Associati» la nuova Bicocca porta la firma di «Gino Valle & Associati», per una superficie totale di 500mila metri quadrati.
Ma torniamo al nuovo edificio ben descritto e illustrato in un volume appena edito da Skira (pag. 156, 70 immagini a colori e 50 in bianco e nero, 36 euro) a cura di Guido Morpurgo, accompagnato da testi e saggi di Salvatore Veca, Giorgio Bigatti, Oswald Mathias Ungers, Reyner Banham, Luigi Snozzi, Renato Pallavicini, Michele Reginaldi, Alvaro Siza Viera, Alberto Vintani, Henri Ciriani, Peter Burger, Emily Braun, lo stesso Vittorio Gregotti, Franco Purini e Renzo Piano.
Lo «04» dei Quaderni della Bicocca ha come introduzione pensata dal grafico Dario Zannier, due pagine su fondo nero dove sono impresse le parole di Vittorio Sereni, da «Una visita in fabbrica», 1952-58: «Nell’aria amara e vuota una larva del suono delle sirene spente, non una voce più ma corti fremiti in onde sempre più lente... un aroma di mescole un sentore di sangue e fatica». Nella pagina accanto un quadro a colori di Mario Sironi dal titolo «Periferia» del 1922.


Questo grande «dado in Bicocca» fatto di vetro e pietra, la notte diventa una trasparenza luminosa e misteriosa. Quasi invisibile di giorno al suo interno sembra voler custodire in gran segreto la «torre di raffreddamento» un gioco dialettico che ha un posto importante nella storia del luogo.

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