L'ecosistema nazionale delle start up è finito anche sotto la lente di Bankitalia, che a settembre ha diffuso il primo studio che mette a confronto quelle innovative, secondo i parametri stabiliti dal decreto Crescita 2.0, con le altre nuove imprese nate nel nostro Paese.
Il paper
Il documento si intitola «Innovative start-ups in Italy: their special features and the effects of the 2012 law» ( www.bancaditalia.it/pubblicazioni/qef/2016-0339). Gli autori Paolo Finaldi Russo, Silvia Magri e Cristiana Rampazzi hanno analizzato 1.758 start up mettendole a confronto con oltre 134mila imprese simili per dimensioni e ciclo di vita, presenti nel database Cerved a fine 2015.
Note positive
Il risultato è una radiografia in chiaroscuro. Le start up innovative mostrano un'elevata incidenza di risorse intangibili (brevetti e proprietà intellettuali), ricevono investimenti in equity superiori, vantano percentuali di crescita tra le più alte in confronto alle altre imprese.
Punti critici
Di contro, hanno un giro d'affari più basso (165mila euro di fatturato medio vs i 459mila euro delle imprese «tradizionali»); una scarsa presenza di liquidità
probabilmente per far fronte alle elevate spese iniziali; arrivano più tardi a commercializzare i loro prodotti o servizi sul mercato. Una su cinque non aveva ancora cominciato a vendere alcunché, il doppio rispetto alle altre.GSu
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