Redenti e salutisti Ecco i gastrofighetti

di Federica Dato

«Ora sono una brava ragazza. Bevo moltissima acqua, ho quasi azzerato i caffè e vado a letto presto. La vodka non la tocco più e sto addirittura cercando di smettere di fumare. Voglio prendermi cura di me stessa». A parlare è Kate Moss, quarantacinquenne che si è riscoperta salutista e che come buona parte di chi si rimette in sesto evidentemente ha velleità di evangelizzazione. In nome della salute si può tutto, o perlomeno molto. Come rischiare una seria crisi diplomatica interna al tuo Paese, se sei Harry d'Inghilterra e in nome dell'amore per Meghan Markle annunci di aver rinunciato all'ora de tè. Dannata teina, nessuno ne conteggia le vittime ma sarà certamente uno sfacelo. Spostandosi un passo più in là, si viene travolti dalla categoria ultra-estesa dei «gastrofighetti» che, divisi tra vip e no, giurano che le alghe sono la nuova amatriciana. L'alga infatti darebbe uno sprint al metabolismo (in vista della prova costume non fate finta non vi interessi), è altamente proteica e quasi priva di calorie. Fonte di vitamina C, D, E, del gruppo B, calcio, ferro, magnesio, fosforo, sodio, potassio, rame, zinco, oligoelementi, aminoacidi ed enzimi, è «considerata tra gli alimenti più benefici per il nostro corpo, permette di rafforzare le difese immunitarie, aiuta a riequilibrare le funzioni dell'organismo e lo disintossica», dice, tra gli altri, Géraldine Teubner in 128 pagine. Quindi via di corsi di cucina per imparare a cucinare al meglio l'alga, senza sciuparne il sapore.

La cucina salutista poi non vuole l'utilizzo di sale. L'olio in modica quantità, il piccante di tanto intanto, con moderazione. E per non andare in depressione, l'industria del marketing ha lanciato il superfood, ovvero «quei cibi che al di là delle proprietà nutrizionali presentano anche la capacità di influenzare positivamente una o più funzioni fisiologiche, in modo da conservare o migliorare lo stato di salute e di benessere, magari contribuendo anche a ridurre il rischio di insorgenza di quelle malattie correlate ad un certo tipo di alimentazione». Il conte Mascetti in Amici miei avrebbe ultimato con un «come foss'antani, con lo scappellamento a destra». Ora, noi amiamo l'economia che gira, la creatività in ogni sua forma e le sperimentazioni. Quindi nessuno s'oppone al supercibo né mai metteremmo in dubbio la disintossicazione di Kate che indubbiamente reggerà più di sei mesi. Siamo anche certi che se mai Harry fosse paparazzato con un tè di contrabbando sarebbe tutta colpa dello zampino della regina ma l'etica e il sentimento ci portano a ricordare l'ovvio: l'alga non è come l'amatriciana e il pasto atomico è quello che fai (o facevi, ahinoi) da nonna. Che la cucina mediterranea ce la invidia il mondo, prima di tutto perché salubre e meravigliosamente equilibrata, poi perché le polpette di mamma sono meglio di quelle al tofu. Perché se i milanesi esagerano col burro, basta spedirgli due casse d'extravergine dal Sud e glielo abbassiamo questo colesterolo, con buona pace della macro-cucina. E se uno vuole dimagrire si mangi le meravigliose verdure nostrane (a chilometro zero fanno più chic, ci si lanci pure su quelle) e vada a camminare o in palestra.

Il resto, noi italiani, davvero possiamo snobbarlo. E per una volta ci viene richiesto se non dall'orgoglio nazionale dall'intelletto. E suonerà come provinciale, campanilista, ma mangiare made in Italy è meglio (sì cari miei, non c'è storia manco per i francesi).

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