Il "regalo" di Jannacci: due suoi inediti ritrovati da "Scarp de' tenis"

Il "regalo" di Jannacci: due suoi inediti ritrovati da "Scarp de' tenis"

Una si intitola Senza parole, anche se, per la verità, qualche parola c'è. L'altra è Se avessi ancora una vita da vivere ed è uno swing struggente, che parla di un amore lontano. Due inediti, due regali di Enzo Jannacci spediti direttamente dal passato, arrivati su una scrivania in una redazione di un giornale che, nel nome, ricorda una sua canzone che invece è famosissima, El purtava i scarp del tennis. Ecco, a dieci anni dalla morte del cantautore milanese, il mensile Scarp de' tenis, che tanti conoscono perché lo comprano alla domenica dopo la Messa, racconta una storia molto da Jannacci, tenera e surreale, semplice e delicata insieme. Piena di umanità, insomma, e di arte.

Tutto comincia il 29 marzo 2021, quando il direttore dello street magazine sostenuto da Caritas Ambrosiana e Caritas Italiana, Stefano Lampertico, durante la trasmissione Prima pagina di Radio Rai parla del funerale di Jannacci, che era morto proprio il 29 marzo di otto anni prima. Dopo la diretta, Lampertico viene contattato da un lettore che gli dice di avere un nastro di Jannacci del '67, contenente anche dei brani «che non compaiono in nessun disco di Enzo», e di volerlo regalare a Scarp. Una specie di miracolo laico e postumo, se vogliamo... Logico che quel nastro incuriosisca subito tutti e, ascoltandolo, si scopre che dentro ci sono davvero anche i due inediti: «Il nastro comprende varie tracce, alcune delle quali saranno pubblicate in Vengo anch'io. No, tu no l'anno successivo, mentre una, La fine della storia, sarà edita quasi vent'anni dopo, nell'86; e poi ci sono i due brani totalmente inediti» spiega al telefono Lampertico. Il direttore ha deciso di raccontare la storia sul nuovo numero di marzo di Scarp de' tenis, per ricordare Jannacci a dieci anni esatti dalla sua morte: «A Scarp ha dato tanto, se non altro per il nome, ma Jannacci è patrimonio di tutti, perciò era giusto raccontare la storia e non tenerla solo per noi...».

Anche se il nastro, per ora, rimane sulla scrivania in redazione. Del resto è lì da due anni, e Lampertico ha già detto che lo darà soltanto al figlio di Enzo, Paolo. Altrimenti, gli inediti resteranno tali: «Non vogliamo pubblicarlo». Quel nastro - racconta ancora - fu inciso il 10 giugno del 1967, quando il cantante aveva 32 anni. Ci sono varie «prime versioni», fra cui quella di La fine della storia, ma quello che più ha emozionato Lampertico e la redazione di Scarp sono, ovviamente, gli inediti. Senza parole «dura un paio di minuti e a dire il vero c'è qualche gorgheggio, qualche frase». Se avessi ancora una vita da vivere è una canzone destinata a risuonare anni dopo, nelle voci di altri interpreti: «È imparentata con Una lettera di Nicola Arigliano e con un'altra canzone di Vanna Brosio, La lettera, del '75, che ne riprendono i testi» dice Lampertico. Il quale ipotizza che possa narrare di un soldato lontano dal suo amore. Ecco qualche strofa, pubblicata dal mensile: «Le foglie qui non ingialliscon mai. L'acqua è pulita non è come da noi.

Il tempo è come se si fosse fermato. E io sto bene tutto va avanti ma... Se avessi ancora un sorriso che parlasse d'amore, io lo terrei per amarti ancora. Se avessi ancora qualcuno a cui parlare d'amore gli parlerei solo di te, solo di te».

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