Una rete di 18 associazioni per migliorare l'assistenza ai malati reumatici

Uno studio sarà presentato il 10 giugno in Senato e i rappresentanti delle associazioni parteciperanno al Congresso europeo di reumatologia in programma a Roma fino al 13

Una rete di 18 associazioni per migliorare l'assistenza ai malati reumatici

Una vita a metà per il dolore: è quella dei malati reumatici, perchè le terapie funzionano ma non sempre evitano la sofferenza.
Lo dice uno studio su 1157 malati reumatici italiani, realizzato per il Progetto ReumaVeneto, sotto l'egida di A.I.S.F. (Associazione Italiana Sindrome Fibromialgica) e in collaborazione con A.Ma.R.V. (Associazione dei Malati Reumatici del Veneto) e ANMAR (Associazione Nazionale Malati Reumatici Onlus), che sarà presentato il 10 mattina al Senato.
«Quando visitiamo i pazienti per la prima volta- spiega Gianniantonio Cassisi, coordinatore del progetto e segretario del Croi (Collegio reumatologi ospedalieri italiani) -, registriamo un'intensità media di dolore intorno a 50 su una scala che arriva a 100. Ma l'intervento medico, pur se corretto, la riduce poco».
Per Renato Giannelli, presidente ANMAR «bisogna chiedere a medici e a istituzioni, anche in risposta alla legge contro il dolore, di essere più sensibili a questa problematica».
Lo studio è un primo esempio della collaborazione tra le diverse associazioni pazienti, all'interno del progetto «Malati reumatici.in rete», che coinvolge ben 18 associazioni italiane, i cui rappresentanti si presenteranno al Congresso europeo di reumatologia in programma a Roma dal 10 al 13 giugno, per proporre richieste condivise alle istituzioni in modo da migliorare le condizioni del malato reumatico.
«Con questo accordo - dice Gabriella Voltan dell'Anmar e referente coordinatore della Rete - si vuole dare più energia al raggiungimento degli obiettivi comuni delle associazioni. Nell'ambito socio-assistenziale mireremo a migliorare la qualità dei servizi diagnostici, terapeutici, psicologici, sociali, assistenziali e lavorativi, su tutto il territorio nazionale. Ci muoveremo, inoltre, anche su un secondo e non meno importante fronte: la creazione di percorsi per applicare norme utili per le persone con queste patologie».
La rete farà tesoro delle loro esperienze, sia per la loro conoscenza specifica della patologia sia per quella del territorio dove operano, per delineare percorsi comuni.
Il primo passo è stato quello di individuare quattro gruppi di coordinamento nell'ambito delle diverse patologie: immunoreumatico, infiammatorio, dei problemi dell'età evolutiva e del dolore.
«Da quest'anno si inizia con uno sforzo congiunto - afferma Renato Giannelli, presidente ANMAR -. In Europa esistono proficue collaborazioni tra le varie associazioni pazienti, come dimostrano importanti iniziative congiunte. È nostra intenzione raggiungere gli stessi risultati in Italia».
Tre le principali attività previste per quest'anno.
La Rete si coordinerà per partecipare attivamente all'organizzazione della Giornata mondiale del Malato Reumatico, in occasione della quale verranno aperti presidi di reumatologia su tutto il territorio nazionale.
La seconda iniziativa è l'organizzazione del Congresso Annuale, che si terrà in concomitanza con quello organizzato dalla Società italiana di Reumatologia (SIR).
Inoltre la rete sarà impegnata attivamente nella presentazione dei PDTA a livello regionale. In particolare, le associazioni firmatarie, presenti nelle regioni interessate, saranno protagoniste negli eventi locali di presentazione del documento nazionale relativo al PDTA.
Accanto all'indagine verrà presentata la mostra fotografica itinerante 'Malattie senza dignità', promossa dal Collegio dei Reumatologi Ospedalieri (CROI), che con ANMAR vuole sensibilizzare proprio sul dolore e rimuovere i pregiudizi che accompagnano le malattie reumatiche: inevitabili, di poco conto e quindi non degne di eccessiva cura, e soprattutto tipiche degli anziani.
«In realtà - sottolinea Stefano Stisi, presidente CROI-, delle tante patologie reumatiche solo 3-4 appartengono alla terza età e difficilmente portano a morte, anche se limitano fortemente la libertà di movimento e l'autonomia delle persone anziane.

Tutte le altre appartengono a fasce di età precedenti, soprattutto l'età giovane adulta, prevalendo nel sesso femminile, in alcuni casi quasi come una patologia di genere. E proprio queste comportano disabilità, ricoveri e lunghissime cure, alti costi sociali e, in alcuni casi, la morte».

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