Il retroscena Il cardinal Martino apre, ma il Vaticano sceglie la prudenza

INCERTO Già nel 2006 il «ministro» della Santa Sede si era detto a favore, ma poi aveva dovuto correggersi

Il retroscena Il cardinal Martino apre, ma il Vaticano sceglie la prudenza

RomaIl cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, boccia la proposta avanzata da Adolfo Urso e appoggiata sia da Fini che da D’Alema di un’ora di religione islamica per gli alunni musulmani nelle scuole statali italiane.
«L’ora di religione cattolica, nelle scuole di Stato, si giustifica in base all’articolo 9 del Concordato, in quanto essa è parte integrante della nostra storia e della nostra cultura», ha dichiarato il cardinale in un’intervista al Corriere della Sera, «pertanto la conoscenza del fatto religioso cattolico è condizione indispensabile per la comprensione della nostra cultura e per una convivenza più consapevole e responsabile. Non si configura, quindi, come una catechesi confessionale, ma come una disciplina culturale nel quadro delle finalità della scuola». «Non mi pare – ha aggiunto Bagnasco – che l’ora di religione ipotizzata corrisponda a questa ragionevole e riconosciuta motivazione».
Due giorni fa era stato il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio consiglio per la giustizia e la pace, a dirsi favorevole alla proposta, assicurando i debiti «controlli», perché, oltre ad essere un «diritto», si eviterebbe che i ragazzi islamici finiscano nel «radicalismo». Se gli immigrati «scelgono di conservare la loro religione hanno diritto ad istruirsi nella loro religione», ha spiegato il porporato vaticano.
Nel marzo 2006, lo stesso cardinale Martino, rispondendo alla domanda di un giornalista, aveva manifestato un’identica apertura, che era stata considerata dai mass media come una sorta di «via libera» della Santa Sede all’ora islamica nelle scuole. Ne era nata una vivace polemica, e il cardinale aveva successivamente precisato il suo pensiero con una dichiarazione letta ai microfoni di Radio Vaticana, nella quale spiegava che «l’applicazione di un principio è cosa complessa che necessita di molti passaggi e di sagge considerazioni», aggiungendo che sarebbe stata necessaria quella «prudente valutazione che comporta da parte della comunità islamica il rispetto e la valorizzazione del cristianesimo e dei valori che, da esso ispirati, hanno dato forma alla cultura e all’identità del mondo occidentale».
Martino aveva infine chiarito di non aver «inteso minimizzare il dovere della reciprocità» in quei Paesi dove i cristiani sono minoranza e talvolta minoranza discriminata. Già tre anni fa, quando si discusse la proposta, era stata ricordata la posizione sull’ora di religione islamica nelle scuole tedesche espressa nel 1999 dall’allora cardinale Joseph Ratzinger, intervistato dal settimanale Welt am Sonntag: l’attuale Pontefice si era detto favorevole purché i richiedenti aderissero alla Costituzione federale tedesca e vi fossero garanzie che non si trattasse di «indottrinamento, ma un’informazione equilibrata e oggettiva sull’Islam». Su questa scia, l’allora presidente della Cei, Camillo Ruini, si era detto possibilista in linea di principio, ritenendo però l’ipotesi difficilmente realizzabile nel nostro Paese: «Non appare impossibile l’insegnamento della religione islamica se non c’è contrasto con la Costituzione», ma l’eventuale insegnamento non dovrebbe «provocare indottrinamenti socialmente pericolosi».
Sull’argomento non esiste in realtà una posizione vaticana, in quanto si tratta di materia che compete alla Conferenza episcopale italiana, che non si è certo detta favorevole.


Al tempo stesso, pur riaffermando il diritto alla libertà religiosa al quale ha fatto riferimento Martino, in Segreteria di Stato si fa notare come esistano problemi di non facile soluzione: chi rappresenti le comunità islamiche (un’eventuale ora di religione coranica potrebbe arrivare solo dopo la sigla di un’intesa tra lo Stato e le comunità musulmane), quale sia l’islam sia da insegnare, a chi spetti il controllo perché non vi sia indottrinamento e perché i principi insegnati non siano in contrasto con la Costituzione italiana, ad esempio per quanto riguarda il regime familiare islamico, dalla possibilità della poligamia al ruolo del marito-padre.

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