I ninja, vestiti di nero, hanno sempre affascinato il mondo in maniera trasversale. Maestri nell'arte di rendersi invisibili, dotati di capacità che sembrano magiche all'uomo comune, erano guerrieri e spie abili nello scomparire dalla mente e dagli occhi del nemico, capaci di infiltrarsi nelle fortezze per raccogliere informazioni essenziali, di mescolarsi tra le fila degli eserciti avversari creando il caos, di osservare e adattarsi con fulminea rapidità al mutare delle situazioni.
Sdoganati da un certo tipo di cinematografia, oggi i ninja tornano a vivere tra le montagne del Kurdistan, non certo per una rappresentazione da offrire in pasto ai turisti. Un gruppo di giovani della regione semi-autonoma del territorio iracheno ha infatti fondato lo scorso novembre la scuola «Soran Ninja», imitando i leggendari guerrieri giapponesi. I cinquanta «soldati», uomini e donne, praticano le tecniche attribuite ai ninja, un miscuglio di acrobazie che includono salti nel fuoco, tattiche di combattimento con spade e pugnali e tecniche di lotta a mani nude motivate attraverso le urla. Non c'è nulla di sportivo nei «Soran Ninja», semmai il desiderio di rendersi utili alla causa curda in un vero e proprio campo di battaglia. «Vogliamo essere come i nostri nonni, che hanno dovuto combattere per parecchio tempo sulle montagne e sulle colline del Kurdistan. È arrivato il momento che tutto il mondo ci conosca», dice Farhang Wriya, uno dei giovani del distretto di Soran, nel nord dell'Iraq, dove ha sede il gruppo. Sul capo porta una bandana nera con la parola «ninja».
È la prima volta che questi ragazzi hanno deciso di aprirsi ai cronisti. Fino a pochi giorni fa si limitavano ad annunciare la loro nascita attraverso video pubblicati sui social, ma i tempi sembrano ormai maturi per un deciso salto di categoria. Il gruppo di Soran vuole davvero combattere, affiancando i guerriglieri Peshmerga che da anni sono costretti a ogni tipo di vessazione per preservare la propria identità. Nel Kurdistan iracheno lo statuto internazionale è tutt'ora incerto. La Turchia intende usare l'esperienza e le conoscenze acquisite per conseguire nuovi obiettivi strategici nell'area. Di qui la sequenza di bombardamenti turchi che negli ultimi mesi hanno colpito la regione curda, riaprendo nuove ferite. Le motivazioni fornite da Ankara riguardano gli aspetti della sicurezza. A suo dire, infatti, i Peshmerga sarebbero dei terroristi in combutta con il Partito Curdo dei Lavoratori (Pkk), formazione militante attiva in Turchia, e che dagli anni Settanta si batte per la nascita del Kurdistan. In questi mesi sta prendendo piede uno scenario simile a quello dell'invasione turca della Siria settentrionale nel 2019, quando Erdogan prese possesso di una striscia di terreno lungo il suo confine. Anche lì le motivazioni riguardavano la sicurezza e la creazione di una zona militarizzata per prevenire l'intrusione da parte dei miliziani, anche se in realtà il vero tentativo turco sembra essere quello di inserire un nuovo tassello nel progetto imperialista.
I giovani Ninja non temono il pericolo e la morte. Il loro obiettivo è quello di combattere a fianco dei Peshmerga, utilizzando però differenti azioni di guerriglia. Proprio come i miliziani che liberarono nel 2015 Kobane dall'Isis, anche il gruppo di Soran è aperto alle donne. Una di loro, Naza Bayar, commenta l'apprendimento del ninjutsu, l'arte marziale giapponese dello spionaggio e della guerriglia: «È una sensazione molto intensa perché stiamo cercando di fare qualcosa di importante e di decisivo per il nostro futuro. Credo che praticandola, i pregiudizi si supereranno. C'è chi sostiene che il ninjutsu sia una disciplina molto difficile per le ragazze, ma in tutte noi c'è il desiderio di assicurare alle future donne curde uno status sociale che le loro madri hanno conquistato con fatica nel corso dell'ultimo secolo, lottando contro una società patriarcale e maschilista». Sono donne che non smetteranno di prendersi cura delle loro famiglie se non quando, per necessità militari, dovranno muoversi in ricognizione nelle zone minacciate dai turchi. Sono mogli, madri e figlie che combattono accanto ai loro mariti, padri e figli senza favoritismi o facilitazioni e che godono dello stesso trattamento degli uomini, così come prevede la legge militare curda. Si addestrano allo stesso modo dei loro colleghi e come loro partecipano alle lezioni di politica, tecniche militari e intelligence, ma a differenza dei Peshmerga, che utilizzano ogni tipo di arma, da quelle leggere a quelle pesanti, dai fucili di precisione alle armi automatiche, i ninja del Kurdistan sono nati per rispettare regole e tradizioni degli antichi guerrieri giapponesi, affidandosi soltanto alle armi bianche.
Niaz Muhamad, ingegnere di 26 anni, ha le idee molto chiare: «Tutti i curdi sono sempre stati pronti ad armarsi per difendere il popolo, sin da quando erano bambini. Noi vorremmo solo vivere in pace, non vogliamo la terra di nessuno, ma riavere senza bisogno di guerre il nostro territorio, il Kurdistan. Noi non siamo terroristi, non uccidiamo innocenti, vogliamo solo difenderci». Una difesa del territorio che parte da un duro addestramento quotidiano all'aperto, indipendentemente dalle condizioni spesso proibitive. Il clima si presenta molto rigido in inverno, soprattutto in quelle zone montuose, innevate sei mesi all'anno.
Sul fronte politico, Nechirvan Barzani, attuale presidente del Governo Regionale del Kurdistan, plaude a ogni iniziativa destinata a preservare il suo popolo, ma si mostra critico con l'Occidente. «Il Coronavirus è stato anche per noi impattante. Ha incrementato la crisi economica; molte delle nostre forze Peshmerga sono impiegate anche nel piano di emergenza Covid.
Non possiamo contare sugli alleati americani ed europei. Questo perché tutti stanno combattendo questa dannata crisi pandemica e ci vogliono altre risorse e alleanze per contrastare la forza militare turca. L'entusiasmo dei ragazzi di Soran è utile ed encomiabile».
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