La Rice spalanca le porte ai palestinesi

Il controllo dei confini affidato agli egiziani. Sbloccati commerci fermi da cinque anni. Ma ci sono nuovi rischi

Gian Micalessin

Condoleezza la caparbia ha vinto. Voleva un accordo sull’apertura del valico di Rafah. Era decisa a non andarsene senza. E l’ha ottenuta. Grazie a lei il prossimo 25 novembre i palestinesi di Gaza potranno mettersi in fila e provare l’emozione di passare in Egitto senza mostrare i documenti a un soldato israeliano. Ma strappare quell’accordo, ha ammesso il segretario di Stato americano dopo una notte insonne, è stato come superare l’ultima yard prima della meta su un campo di football americano. Un ultimo metro da superare ringhiando, urlando e scazzottando.
L’ultima meta di Condoleezza Rice correva tra la sua suite e quelle - all’ultimo piano di un albergo sopra la città vecchia di Gerusalemme – occupate dai negoziatori israeliani e palestinesi. Rientrata a mezzanotte di lunedì da un viaggio lampo ad Amman per rendere omaggio alle vittime della strage degli hotel e incontrare re Abdallah il segretario di Stato s’è trincerata là dentro, risoluta a chiudere i negoziati lasciati a metà qualche ora prima. Con sé aveva solo un computer portatile e la trousse del trucco. Il resto dei bagagli era rimasto sull’aereo che a quell’ora avrebbe già dovuto portarla in Corea. Ma per la Rice la conferenza economica del Sud Est Asiatico poteva anche attendere. Armata di quel computer - su cui aveva già appuntato, cancellato e riscritto ogni clausola dell’accordo - la Rice ha passato la notte facendo la spola tra le stanze dei palestinesi e quelle degli israeliani. Gli ultimi erano l’osso più duro. Temendo infiltrazioni di armi e terroristi dall’Egitto pretendevano che i controlli fossero affidati non a palestinesi ed egiziani, ma alla task force di doganieri europei messi a disposizione dall’Unione Europea. Ma Condoleezza non ha sentito ragioni e prima dell’alba il ministro della Difesa israeliano Shaul Mofaz si è visto costretto a sottoscrivere la bozza finale.
Secondo quella bozza i controlli al valico di Rafah verranno svolti da palestinesi ed egiziani, i doganieri europei osserveranno e forniranno consulenza e supporto, gli israeliani osserveranno il tutto attraverso un sistema di telecamere a circuito chiuso e potranno segnalare merci e persone sospette, ma non avranno potere di veto sulle decisioni di egiziani e palestinesi.
«Da fanatica del football sapevo che l’ultima yard è la più dura e oggi l’ho sperimentato sulla mia pelle», ha detto la Rice, ma ha subito aggiunto che grazie al «grande passo in avanti» compiuto nella notte «i palestinesi avranno libertà di movimento, di commerci e potranno finalmente vivere una vita normale». Se funzionerà l’accordo consentirà ai palestinesi di avviare normali scambi commerciali rivitalizzando l’economia di Gaza bloccata da cinque anni. Dal punto vista politico la riapertura di Rafah contribuirà a rafforzare politicamente il presidente Mashmoud Abbas prima delle elezioni parlamentari del 25 gennaio prossimo. Dopo l’inaugurazione del valico di Rafah, fissata per il 25 novembre, dovrebbero prendere il via - entro il 15 dicembre - anche i convogli di bus destinati a garantire i collegamenti tra Gaza e la Cisgiordania. Sempre a breve termine dovrebbero venir avviati i lavori per la costruzione di un porto marittimo destinato a servire tutta la Striscia.
Nonostante l’accordo il presidente palestinese Mahmoud Abbas non ha rinunciato ieri a lanciare parole dure al governo israeliano accusato di fomentare una guerra civile se continuerà a pretendere dall’Autorità Palestinese lo scioglimento forzato e la messa al bando delle organizzazioni armate. In un discorso di celebrazione per l’anniversario della dichiarazione dello Stato palestinese del 15 novembre 1988, il presidente ha reiterato le sue critiche ad Israele affermando che se l’Autorità Palestinese avesse un interlocutore realmente disponibile sarebbe possibile raggiungere un «accordo finale» entro sei mesi.
L’incertezza politica israeliana minaccia comunque di rinviare qualsiasi negoziato e trattativa a dopo le elezioni anticipate già fissate, in teoria, per il marzo prossimo. La data sarebbe stata concordata nel corso di un incontro tra Amir Peretz nuovo leader laburista e candidato alla carica di primo ministro e i principali partiti d’opposizione.


Lo scioglimento del governo verrà con tutta probabilità votato dalla Knesset il prossimo lunedì in modo da consentire l’incontro di domani durante il quale Ariel Sharon e Amir Peretz cercheranno di discutere e concordare le modalità della crisi.

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