Alla ricerca della semplicità perduta

Federica Dato

Secondo Calvino la fantasia è come la marmellata, bisogna che sia spalmata su una solida fetta di pane. Allora il punto è avere una visione capace di affascinare il mondo, o perlomeno una fettina di quest'ultimo, e l'abilità tecnica di darle forma. Quando le due cose si combinano nasce il design. Lui che imbelletta le nostre case e, se intelligente, ci facilita la vita, ha un passato che ritorna. Dei pezzi che non scorda, che il mercato non smette di amare. Ed è un ciclico riemergere di stili, tendenze, arredi unici che nonostante i tentativi di plagio e ammodernamento restano perfetti nella loro integrità. Ne è un esempio l'Eames Lounge Chair, accompagnata dal suo pouf, progettata da Charles e Ray Eames e prodotta dall'azienda Herman Miller. Ufficialmente chiamati Eames Lounge (670) e Ottomana (671), dal 1956, anno in cui sono stati messi in commercio, hanno conquistato l'Occidente. Campeggiano nella collezione permanente del Museum of modern art di New York e sì, ancora vengono venduti, eccome. La prima sedia progettata per un mercato di fascia alta, compensato e pelle, la guardi, la riconosci, ti ci vorresti accomodare. Eliminare il superfluo, ricercare figure e linee semplici, cancellare tutti i fronzoli formali. Joe Colombo tra gli anni '60 e '70 diede corpo al suo background visionario attraverso la Tube Chair. Disegnata nel '69 per Flexform e rieditata da Cappellini (sul sito dell'azienda è in vendita a 2.720 euro), si tratta di una seduta destrutturata, composta da semplici cilindri fissati tra loro con dei ganci di metallo. Il primo oggetto di disegno industriale a cui viene riconosciuto la tutela del diritto d'autore al pari di un'opera d'arte è a firma italiana: Arco, la lampada progettata da Pier Giacomo e Achille Castiglioni nel 1962 Flos. Oltre ad essere in molti dei salotti nostrani, e ad averne conquistati altrettanti nel mondo, fa parte delle collezioni permanenti del Triennale design museum e del MoMA di New York. E soprattutto, ammesso se ne fosse mai andata, è tornata a dominare il mondo dell'illuminazione. A pochi giorni dall'inaugurazione del Salone del Mobile di Milano, quest'anno dedicato a Leonardo da Vinci (un esempio della capacità espositiva e produttiva migliore, della milanesità eccellente, dei territori italiani che ancora sanno e possono dettare creatività e sapienza artigiana al mondo), dal Fuorisalone arriva qualche indiscrezione in merito a grandi classici rieditati. Tra gli altri c'è Moon, lampada da tavolo di Slamp che per i suoi 25 anni si veste di un nuovo decoro: le venature di marmo serigrafate in bianco, nero e rosa. Un inno al design vero, quello attento agli ingombri, alla praticità, all'innovazione dei processi produttivi e alla resistenza del prodotto è 4867, la famosa sedia prodotta da Kartell nel 1968 e disegnata da Joe Colombo. La prima seduta stampata ad iniezione utilizzando un unico stampo. Il cilindro della gamba è tagliato a metà per rendere possibile l'accostamento orizzontale delle sedie, degli incavi posti ai lati del sedile risolvono il problema dell'impilabilità, il foro centrale permette il deflusso dell'acqua in caso di uso esterno. Ed è bella, ancora. Disponibile in nero e in bianco, sui mercatini online vanno a ruba le versioni colorate. Chi ne possiede una serie ha da parte un piccolo tesoretto. I classici non passano mai di moda.

Come tutte le cose buone davvero, provi anche a sostituirle, accantonarle in nome della novità, del cambiamento. Ma alla fine si torna all'ombra dei pilastri che hanno segnato la strada. E che, in questo caso, arredano casa, e non solo.

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