Roberto Scafuri
da Roma
Nel partito se ne parla forse un po troppo, a dispetto del classico understatement scelto dal segretario. E sono in molti a fare gli scongiuri, a dispetto del classico razionalismo anti-scaramantico, paventando «onde lunghe» e veti incrociati. Ma leventualità che Fausto Bertinotti possa, dopo le elezioni, diventare presidente della Camera aprendo la successione alla segreteria comincia a far riflettere il gruppo dirigente. A cominciare dallalter ego di Bertinotti, suo ghost writer e amico di una vita, che è Alfonso Gianni. Colui che ieri, nel corso di una direzione convocata per le candidature, ha posto il problema. «Se lUnione vincerà, e Fausto sarà il presidente della Camera, tra 90 giorni si porrà la questione di chi sarà il segretario del partito». Proprio per questo, Gianni si è detto contrario a indicare Bertinotti capolista del partito alla Camera in tutte le circoscrizioni. Quasi venendo incontro alle minoranze, da sempre critiche sulla «personalizzazione verticistica» in atto.
Una rivolta dei «portatori dacqua» del gruppo dirigente? Di sicuro una scelta in controtendenza rispetto alla moda imperante di valorizzare il nome del leader persino sul simbolo (vedi Fini o Mastella). Gianni si limita a parlare di intervento «non concordato» e di «Opa assolutamente non ostile» al vertice del partito. «Sì, forse i tempi per parlare delleventualità di Bertinotti presidente della Camera non sono ancora maturi - spiega - ... però se accadesse ci sarebbe unaccelerazione drammatica, meglio prepararsi... Rinunciare a un po di valore aggiunto bertinottiano e puntare a un po di più sullimmagine del nostro gruppo dirigente». Il problema della successione in effetti sembra un po prematuro, anche perché non è ancora chiaro se possa prevalere una linea «istituzionale» (in tal caso toccherebbe allattuale capogruppo alla Camera, Franco Giordano), oppure una di «ricambio «generazionale» (in tal caso lenfant prodige, Gennaro Migliore, è favorito sul responsabile economico, Paolo Ferrero). Rispetto agli equilibri interni, Giordano sembra la soluzione più «indolore», ma molto dipende dalle elezioni. Una chiara affermazione della linea governativa bertinottiana metterebbe a tacere le agguerrite opposizioni e aprirebbe la via a un rinnovamento più radicale.
Anche per questo, la proposta che verrà fatta al Comitato politico di oggi sarà quella di presentare Bertinotti capolista dappertutto. Finora il trend nei sondaggi è talmente positivo da rendere verosimili le accuse della Cdl sul fatto che il Prc «detta il programma allUnione». In effetti il segretario ha confermato che negli ultimi incontri si «è fatto un bel passo in avanti, anzi, come nel gioco delloca, siamo tornati alla casella precedente che è quella buona: restano problemi, ma le questioni sulle quali avevamo espresso una forte preoccupazione sono state risolte. Quando si discute un programma non si parla di punti irrinunciabili...». Il leader rifondatore però non ha rinunciato allidea, più volte espressa, di «ricorrere alle primarie su punti controversi del programma». Bisogna far valere «la regola della democrazia», spiega, perché «la ricerca del consenso non deve essere fatta soltanto dalle segreterie dei partiti, ma deve coinvolgere il popolo dellUnione: abbiamo fatto le primarie per il candidato premier, lo stesso si può fare su un punto specifico del programma».
Nel dettaglio, anche ieri Bertinotti è tornato a criticare la coalizione, affinché «non si faccia trascinare nella palude dei conflitti politicisti» e torni piuttosto a parlare delle grandi questioni sociali, a cominciare dai salari e dalle pensioni». Per il leader di Prc sarebbe anche indispensabile «una politica di attacco allevasione fiscale e contributiva», poiché essa non è solo frutto di una «cattiva amministrazione, ma di una complicità politica con ceti che così si sono arricchiti».
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