Il ritorno dei Pasdaran

La loro missione è scritta nel nome. A battezzarli «Sepah-e Pasdaran-e Enghelab-e Islami», Esercito dei Guardiani della rivoluzione, fu l’imam Ruhollah Khomeini, che nel maggio del 1979 ne firmò il decreto di nascita. Da allora la «legione dei devoti», chiamata a controbilanciare l’allora inaffidabile esercito di leva, è il nerbo della rivoluzione e della conservazione. I Guardiani della rivoluzione esordirono guidando l3 avanzate sui campi minati del Kurdistan, frenando con zelo e ardore da martiri rivoluzionari l’aggressione di Saddam Hussein.
Sono loro oggi a colpire nuovamente al cuore l’Inghilterra, ad angosciarla con l’incubo degli ostaggi sfruttandone paure, debolezze e sensi di colpa. L’avevano già fatto nel 2004, sempre nello Shatt el Arab, catturando altri otto Royal Marines in servizio in Irak. Ora ci riprovano. Del resto era scritto. «Gli Stati Uniti hanno una lista di 35 alti ufficiali dei pasdaran e dell’agenzia atomica... Se tenteranno di prenderne anche uno solo la nostra risposta sarà dura e immediata», aveva avvertito il 29 gennaio Sobhe Sadegh, l’organo semi ufficiale dei Guardiani della rivoluzione.
I conti sono aperti. Ai primi di gennaio gli americani hanno catturato in Irak cinque diplomatici iraniani accusati di essere ufficiali della Brigata Gerusalemme, l’unità dei pasdaran responsabile delle operazioni segrete all’estero. Gli ufficiali della Brigata Gerusalemme non si possono lasciare indietro. Sono stati loro, nel 1982, a creare il primo nucleo di Hezbollah in Libano. Sono stati loro ad addestrarli e finanziarli trasformandoli in un esercito capace di contrapporsi a Israele. Sempre loro, si dice, selezionarono il commando di Hezbollah che nell’ottobre 1983 colpì il quartier generale dei marines a Beirut e la caserma dei paracadutisti francesi. Grazie a quei circa trecento morti costrinsero al ritiro la forza multinazionale e trasformarono il Libano nella prima linea della guerra segreta con l’Occidente.
Negli anni successivi, oltre ottanta fra giornalisti, diplomatici, spie e ricercatori spariscono nelle segrete di Hezbollah, e la loro detenzione viene sapientemente orchestrata dai Guardiani della rivoluzione per assecondare gli interessi di Teheran.
Tra i pasdaran crescono intanto i successori di Khomeini. Uno dei vice dell’ayatollah Lahuti, primo comandante dei Guardiani della rivoluzione, è il futuro presidente Alì Akbar Hashemi Rafsanjani, l’uomo forte del regime, oggi a capo del potente Consiglio del discernimento. Alì Khamenei, successore di Khomeini come Suprema guida della Repubblica islamica, indossa la stessa divisa.
Nei reparti speciali impegnati dietro le linee irachene combatte il futuro presidente Mahmoud Ahmadinejad. A Bassora i volontari dei Basij, la milizia civile inquadrata nei pasdaran, si immolano sui campi minati aprendo la strada ai corpi scelti. Nel 1987, quando l’America di Reagan manda le navi nel Golfo per impedire la sconfitta di Saddam Hussein e l’egemonia di Teheran, dallo stretto dello Shatt el Arab emergono i pasdaran delle acque. Non è un battesimo entusiasmante. I barchini, utilizzati 20 anni dopo per rapire i marinai inglesi, si muovono con audacia suicida ed estrema velocità, ma affondano uno dopo l’altro sotto i colpi dei missili americani.
Terminata la guerra con l’Irak, i pasdaran vengono mandati a sacrificarsi tra le montagne al confine con l’Afghanistan nel tentativo di fermare il traffico di droga. Ma per ogni morto si moltiplicano potere e fama. Fino al giugno 2005, quando una magistrale operazione segreta regala la poltrona presidenziale al «camerata» Mahmoud Ahmadinejad. L’impero dei pasdaran è allora pronto a dominare il Paese.
Forti di 125mila uomini perfettamente addestrati i pasdaran controllano già larghe fette dell’economia e della ricerca militare. Dopo l’elezione di Ahmadinejad le loro aziende si aggiudicano la costruzione della conduttura di gas destinate a collegare il Golfo Persico al sud del Paese. E il loro comandante, generale Yahya Rahim Safavi, conquista con una mossa da 90 milioni di dollari il controllo di Oriental Kish, la più importante azienda privata nel settore petrolifero.
La loro vera cassaforte resta però la Fondazione dei Martiri, l’impero finanziario statale in cui sono confluiti dopo la rivoluzione le ricchezze espropriate allo scià e ai fuoriusciti.

A quegli assetti finanziari puntano Washington e Londra quando - nelle ore precedenti la cattura dei quindici militari inglesi - cercano di far passare alle Nazioni Unite una risoluzione in grado di imporre l’embargo internazionale su tutte le transazioni finanziarie collegate ai Guardiani della rivoluzione. A bloccarla intervengo gli amici russi. E a ridurre a più miti consigli Sua Maestà britannica ci pensano gli stessi pasdaran.

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