Allora se la cura è davvero il «balla che ti passa», ecco come guarire la crisi di vendite del pop: pompare musica, aumentare i bpm, insomma rilanciare la dance. Non che sia mai sparita: dagli anni Settanta –ricordate l’indice per aria e la giacchetta bianca di Tony Manero allo Studio 54? – non si è mossa da qui, cambia sempre definizione ( belle«liquid funk»e«downtempo » ma ce ne sono altre decine) e ciclicamente si fa vedere da tutti, mica solo dai discotecari o dai clubbaroli in giro per il mondo.Ora è l’ora:e i dati parlano chiaro. Nel crack dei videogiochi musicali ( fatturato complessivo passato negli Usa dagli 876 milioni di dollari a drammatici 291), gli unici che resistono sono quelli dance come Just dance o Michael Jackson: the experience . Le major restaurano o lanciano le etichette del settore: dopo la Sony per Deconstruction , adesso tocca alla Warner con One More Tune . E poi ci sono loro, i deejay, gli autentici vincitori dell’anno passato. C’è gente come David Guetta che l’anno scorso ha venduto più di tre milioni di copie nel mondo del suo disco One love e ha impiegato la maggior parte del tempo a rifiutare le offerte di collaborazione: ma se dice sì, il cantante di turno si frega le mani, nessuno escluso e compresi gli U2, che stanno collaborando con lui per pubblicare, forse, un disco dance. E poi uno dice Rihanna: brava, chiacchierata, famosa per sempre grazie a Umbrella . Tutto bello ma il suo nuovo singolo Only girl (primo posto negli Usa) ha un ritmo da club e forse tutto dipende anche dall’influenza di Guetta, con il quale ha inciso pure Who’s that chick? . Anche Shakira è sempre più ballabile, per non parlare dei Black Eyed Peas, che hanno preso una bastonata con l’ultimo cd ma sono pur sempre apripista. Per farla breve,è nata la«Nu Dance»,versione riveduta e corretta dei Bee Gees o di Donna Summer e di tutto quel suono che mescolava il funk e il soul, la Motown e il calypso, il protorap e ciò che ai neri americans restava in testa dei ritmi tribali africani. Era, in pieni anni Settanta, un bel ceffone al trombonismo del prog rock e al machismo ormai sterile di Led Zeppelin e compagnia; e pure una consacrazione definitiva della comunità gay e dei loro locali, che tuttora sono la culla della «Nu Dance». Poi si sa come è andata: è partita la «house»e l’alluvione si è dispersa in centinaia di fiumiciattoli di culto tipo breakbeat o chillout. Ora siamo daccapo. E se ai grandi livelli commerciali l’influenza viene metabolizzata con filtri«very popular»(Rihanna), la scena più coraggiosa e alternativa non ha mezze misure: guarda gli Hercules & Love Affair, una sorta di cooperativa di Brooklyn, che nel primo disco sfoggiava la voce di Antony Hegarty di Antony & The Johnson e in quello che esce a giorni, Blue songs , ha cambiato tutto e tra i cantanti ha voluto un fan incontrato dopo un concerto. Questa è roba godibile, realmente da sabato sera, qualcosa che sa di discoteche fine Settanta come ce le immaginiamo oggi che la musica è fatta di beat e file e software e non più di scricchiolante vinile: un luogo dove riunirsi e comunicare. Insomma, dagli Emperor Machine che mescolano Kraftwerk e Village People fino a personaggi di cultissimo come l’italiano Daniele Baldelli o l’infaticabile norvegese Todd Terje, tutta questa dance è una reazione all’ «isolazionismo» imposto dal web, dai social network nel quale ti chiede amicizia anche chi non ti saluta per strada, e dall’esangue Twitter che obbliga all’essenzialità. Insomma è il momento della dance declinata in tutte le sue forme, più o meno adulterata, più o meno cattiva, comunque fatta apposta per ballare ( e anche in Italia, dai Subsonica al nuovo Jovanotti molti hanno assorbito la lezione). In fondo le cifre parlano chiaro e in un articolo del Guardian , più che parlare, piangono.
L’anno scorso in Gran Bretagna le vendite dei brani rock sono scese al punto più basso degli ultimi cinquant’anni, cioè di sempre; solo tre brani rock tra i cento più venduti, ecco perché, forse, al pubblico e ai discografici verrà tanta voglia di ballare, con o senza indici alzati al cielo e giacchette bianche.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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