Dopo la rivoluzione serve un fisco più favorevole

Mirafiori è il simbolo di un movimento che viene da lavoratori maturi. Ora Palazzo Chigi riduca le tasse su straordinari e notturni

Dopo la rivoluzione serve un fisco più favorevole

La vittoria del sì a Mirafiori è una prima tappa di un movimento che viene dal basso, da un’area di addetti di 46 anni di età media, generalmente con molti anni di lavoro, mediamente venti, nella fabbrica più blasonata d’Italia, Fiat Mirafiori, che a sua volta ha 75 anni di età. Una fabbrica che ha avuto negli anni passati e recenti molte vicissitudini che hanno fatto temere per il posto di lavoro: basti dire che gran parte degli addetti sono tornati in fabbrica l’11 gennaio dopo tre settimane di cassa integrazione a zero ore e dopo molte altre ore di analoga cassa integrazione nei mesi precedenti. Il contratto comporta più lavoro straordinario e notturno, meno assenze non giustificate, una riduzione delle pause allo scopo di realizzare il massimo sfruttamento degli impianti, cioè il contratto aziendale di produttività. Ha detto sì alla produttività con maggior fatica, ma con più paga e più sicurezza (...)
(...) del futuro, la maggioranza silenziosa di questi lavoratori, che, con il tipo di contratto di lavoro vigente, hanno avuto poche esperienze positive e molte esperienze di cassa integrazione a retribuzione ridotta, a causa del fatto che il prodotto della loro fabbrica aveva poco mercato, rispetto alla concorrenza, salvo quando c’è stata la droga degli eco incentivi. In Polonia e in Brasile Fiat auto invece va molto bene. E l’affiliata Chrysler è uscita dalla crisi e sta riconquistando il mercato insieme a GM e Ford. Il capo dell’Uaw, il sindacato dell’auto Usa, Bob King, spiega che con i contratti di produttività impianti Chrysler che parevano fuori mercato sono risorti e che i lavoratori si impegnano perché aspirano a condizioni di vita di classe media. In Germania, in dicembre, i lavoratori dell’auto, con contratti come quello di Marchionne per Mirafiori, dovevano rinunciare alle ferie, perché la domanda delle auto che producono era in eccesso rispetto all’offerta.
Le mezze età di Mirafiori, senza fanfare, senza bandiere politiche e senza dottrinarismi, pensando alla famiglia e alle rate da pagare, hanno iniziato la rivoluzione silenziosa che ora serpeggerà in tutta l’Italia, perché il problema che loro hanno vissuto e vivono è comune a molte altre aziende industriali di medie e grandi dimensioni, con impianti costosi e domanda variabile, che, per essere competitive richiedono l’utilizzo notturno e gli orari straordinari nei periodi di domanda di punta. Ci sono molte altre fabbriche del settore auto, oltre a Mirafiori anche non Fiat, con problemi di questo genere, in Piemonte e altrove, che hanno bisogno di valorizzare gli impianti. Lo stesso vale per la metallurgia, la cantieristica, per le industrie di elettrodomestici, il tessile, l’aeronautica, il ferrotranviario, le macchine agricole ed edilizie, l’idraulica.
La produttività del lavoro in Italia negli ultimi 30 anni è cresciuta a una media annua dell’1,2%, ma nell’ultimo decennio il suo valore è risultato negativo per lo 0,5%. Il solo settore che ha avuto una produttività positiva è l’agricoltura. La decrescita della produttività ha compresso le retribuzioni. Quelle dell’operaio Fiat medio sono di 1.500 euro, contro i 2mila di quello tedesco. Il nuovo contratto può comportare 250 euro medi mensili aggiuntivi lordi di imposte. Ora si impone una politica tributaria che premi il lavoro notturno e straordinario e la produttività, rendendo più ampi i benefici finora connessi. Una riflessione va fatta anche per gli oneri contributivi per le ore aggiuntive di lavoro, che non generano una maggiore pensione, essendo questa commisurata all’età e alle mensilità di lavoro, non al monte ore effettivo. Con una politica tributaria a favore del «salario di produttività», il governo può stimolare la diffusione delle nuove formule di contratto, che comportano una maggior fatica e un maggior impegno dei lavoratori, che rende di più all’azienda, ma anche all’economia nazionale e quindi allo Stato, tramite un Pil maggiore e una disoccupazione minore. Se è vero che le retribuzioni sono basse, nell’industria, perché la produttività non è cresciuta, è anche vero che le diseguaglianze nei redditi si sono accentuate, perché dove non opera la concorrenza internazionale i guadagni sono aumentati. E, pertanto, bisogna porre in agenda la questione dell’alleggerimento del carico dell’Irpef sulle famiglie dei lavoratori a basso reddito. Non possiamo fare il passo più lungo della gamba: sarebbe pericoloso. Ma il messaggio della rivoluzione silenziosa di Mirafiori va sostenuto anche con un fisco più mite.

Perché, come scriveva Einaudi in un libro sulle lotte del lavoro pubblicato negli anni Venti del secolo scorso, il lavoro non va concepito come un dovere in sé ma come uno sforzo che si fa per uno scopo, quello di ricavarne un frutto.

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