Roba da cinema: la Valentino Airlines fa volare la moda

Alta sartoria ambientata in un immaginario scalo per vip. Il film di Fendi oscura modelli straordinari, raffinati marinai per D&G

Daniela Fedi

da Milano

Moda e cinema vanno d'accordo fin dai tempi dei fratelli Lumière. Certo quel che s'è visto sulle passerelle di Milano, dove ieri è andata in scena la penultima giornata di sfilate del prêt-à-porter maschile per il prossimo inverno, ha dell'incredibile. Valentino da solo ha ricoperto il ruolo di regista, costumista, sceneggiatore e interprete principale. Fendi nell'adorabile persona di Silvia Venturini, ha fatto ovviamente i costumi ma anche la produzione di un vero e proprio film proiettato al posto della sfilata. Invece Moschino inteso come marchio sapientemente animato dallo staff stilistico guidato da Rossella Jardini, ha trasformato i modelli in attori e la passerella in un set. Nel frattempo Italo Zucchelli, designer della linea uomo di Calvin Klein, si è ispirato alla moderna ossessione della tivù riuscendo a trasferire su pelle, tessuto e maglieria l'effetto visuale delle interferenze televisive. In giornata hanno sfilato anche gli eleganti marinai di D&G, linea giovane di Domenico Dolce & Stefano Gabbana.
Certo se si parla di kolossal nessuno può competere con Valentino. Per la sua bella sfilata lo stilista ha voluto la scenografia di una serie di arrivi e partenze nella vip lounge di un aeroporto. I modelli interpretavano una serie di celebrities pronte a imbarcarsi o appena sbarcate da un lussuoso jet privato. E per rendere la finzione ancor più efficace sfilavano sotto sotto i classici cartelloni elettronici aeroportuali con indicate destinazioni tipo «Via Condotti», «Montenapoleone», «Singapore» o «Place Vendome» mentre una voce fuori campo diceva «Valentino Airlines» tra un annuncio e l'altro. Inutile dire che tutti erano vestiti magnificamente secondo i classici dettami della maison con punte di assoluta perfezione negli accessori (borse e valige da perdere la testa in cavallino stampato oppure in coccodrillo) oltre che in alcuni modelli tra cui si ricorda uno splendido giaccone con la stessa allacciatura a pettorina su doppia fila di bottoni delle divise in uso nella Guerra di secessione. La messa in scena era talmente perfetta che gli ospiti in sala riconoscevano senza fatica la miliardaria famigliola dei Beckham, i due cow boy innamorati di Brokeback mountain e molte figure retoriche del mondo dei vip: la rockstar, il tycoon circondato dalle guardie del corpo e l'attempata signora con tanto di cane e gigolò al seguito. Intanto una vera troupe cinematografica capitanata dal giornalista Matt Tyrnauer di Vanity fair, girava parte del documentario in preparazione da otto mesi sulla vita del couturier e che verrà presentato l'anno venturo al Sundance festival ideato da Robert Redford.
Tutt'altra atmosfera da Fendi perché il cortometraggio intitolato The golden mirror interpretato da Malik Zidì e diretto da Luca Guadagnino raccontava la storia un po' morbosa di un vampiro vestito benissimo che alla fine si uccide lasciando di sé solo il suo strepitoso guardaroba. Con una scena di un inseguimento nel parco che rappresenta il vero difetto di mettere una rappresentazione cinematografica al posto della sfilata: diverte di più ma fai fatica a capire la moda. Qui per esempio c'erano pezzi straordinari come il cardigan di montone tricottato con il cammello, la giacca in pelle effetto corteccia e quella di marmotta intrecciata al montone. In quest'ottica si può dire che Trussardi e Menichetti abbiano vinto l'Oscar ex aequo per aver saputo interpretare la normalità in modo molto speciale.

Disegnata per la prima volta da Eric Wright, ex braccio destro di Lagerfeld e uomo di squisita eleganza, la collezione Trussardi era semplicemente perfetta. Quella di Roberto Menichetti aveva la virile compostezza che tutti si auspicano negli uomini d'oggi indipendentemente dalle loro scelte sessuali.

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