In un grosso volume edito da Mursia, Claudio Fracassi racconta La meravigliosa storia della repubblica dei briganti. Il titolo può trarre in inganno, e far pensare a un saggio sul fenomeno del brigantaggio meridionale, che ebbe dopo lUnità indubbia rilevanza. Lappellativo «briganti» si riferisce invece ai patrioti che dallautunno del 1848 allestate del 1849 presidiarono la Repubblica romana, istituita nella città del Papa: e che dagli ambienti e dai mezzi dinformazione clericali furono gratificati dei più infamanti epiteti. Nellanatema che fu da Pio IX scagliato contro quanti aderirono alla Repubblica era precisato: «Niuno di voi possa dirsi illuso da fallaci seduzioni e da predicatori di sovversive dottrine, né ignaro di quanto si trama da nemici dogni ordine».
LItalia e lEuropa erano in convulsione, venti dindipendenza le percorrevano, lAncien régime pericolava e i governi erano stati costretti a elargire riforme e costituzioni. Il Piemonte di Carlo Alberto aveva sfidato - uscendone battuto una prima volta con larmistizio di Salasco - la potenza austriaca: e fu definitivamente sconfitto - con labdicazione del Re, «italo Amleto» - a Novara. Nella grande illusione di chi voleva una svolta liberale Pio IX sera prima inserito come fautore del nuovo. Lo sembrava a tal punto che forze armate pontificie al comando del generale Durando serano mosse per combattere gli austriaci. Ma in quel ruolo era rimasto per poco.
A Roma la situazione diventava caotica. Pellegrino Rossi - che era stato ambasciatore della Francia monarchica presso il Papa - fu incaricato di guidare il governo papalino, ma la coltellata dun attentatore lo freddò il 15 novembre 1848. Pio IX decise a quel punto dabbandonare la sua capitale. Nella notte tra il 24 e il 25 novembre lasciò in incognito il Quirinale e raggiunse Mola di Gaeta, dove si pose sotto la protezione di Ferdinando II, il re di Napoli, passato alla storia come «Re bomba» per aver represso a cannonate i moti quarantotteschi di Messina. Ferdinando II sera anche lui indotto, obtorto collo, ad aperture riformiste, e aveva promulgato una costituzione. Ma poi se la rimangiò tranquillamente. Ferdinando II vegliò con filiale devozione sul Papa, totalmente ravvedutosi dopo losannata parentesi liberale, e ne fu remunerato con paterni elogi.
Lo Stato della Chiesa divenne dunque repubblica. Tra coloro stessi che la proclamarono ve ne furono che lo fecero quasi a malincuore. Gli annunci dun ordine nuovo sintrecciarono ad appelli al Santo Padre perché tornasse nella Città Santa, sottraendosi alle istigazioni dei cattivi consiglieri. Ma ormai il dado era tratto, dalluna e dallaltra parte. Pio IX aspettava soltanto «il rimorso dei nostri figli traviati per i sacrilegi e i misfatti commessi».
La Repubblica romana fu proclamata il 9 febbraio 1849, ebbe a protagonisti due padri della patria - Mazzini e Garibaldi - e calamitò da tutta Italia e dallEuropa «una moltitudine di ragazzi e ragazze: la meglio gioventù di quegli anni febbrili». Molti, in quella gioventù, si sacrificarono, furono un migliaio i morti: tra loro Luciano Manara, e Goffredo Mameli il cui inno ancora ci accompagna nelle occasioni cerimoniali. La Repubblica romana fu spenta lultimo giorno di giugno dalle forze francesi di Oudinot, un pomposo e stolido generale secondo il quale «les italiens ne se battent pas». Lattacco non fu ordinato da cancellerie reazionarie, ma da quel Luigi Napoleone Bonaparte che in gioventù aveva tifato per i carbonari e che ora, divenuto presidente della Francia - e in attesa dessere issato alla dignità imperiale come Napoleone III - obbediva alla ragione politica. Ha scritto di lui Montanelli: «Respinse linvito di Vienna a un intervento armato austro-francese, ma simpegnò col nunzio apostolico ad agire, e lo fece nella maniera più ambigua: dicendo agli austriaci che avrebbe occupato Roma per restaurarvi il Papa, dicendo ai piemontesi che lo faceva per creare un contrappeso allAustria e dicendo agli inglesi e allopinione pubblica europea che ci andava da paciere per indurre il Pontefice e il governo rivoluzionario a un compromesso».
Claudio Fracassi, già direttore di Paese Sera e del settimanale Avvenimenti, è un militante di sinistra. Questa connotazione ideologica dà al suo saggio un tono apologetico a volte eccessivo. In alcuni passaggi la vicenda della Repubblica romana assume le caratteristiche dun western, i buoni tutti da una parte, i cattivi tutti dallaltra. Ma in molte osservazioni Fracassi ha ragione. Pur effimero e velleitario quale fu, lo Stato di Mazzini e Garibaldi ebbe una nobiltà e una modernità straordinarie. Dallo stambugiom in cui si era rifugiato nel Palazzo della Consulta, il profeta Mazzini emanò disposizioni improntate a notevole saggezza, a lungimiranza, a rispetto per i diritti di tutti. Furono indette elezioni. Il maggior elogio di ciò che il governo repubblicano attuava sta nelle critiche di un cronista dosservanza papalina: «Il governo retto a popolo è il castigo e il flagello più terribile che il cielo sdegnato possa infliggere alla misera umanità... con lesistenza dei circoli, la libertà di stampa».
Pio IX celebrò la vittoria, il 17 luglio 1849, con un proclama che così cominciava: «Iddio ha levato in alto il suo braccio ed ha comandato al mare tempestoso dellanarchia e dellempietà darrestarsi. Egli ha guidato le armi cattoliche per sostenere i diritti della umanità conculcata, della fede combattuta, e quelli della Santa Sede e della Nostra Sovranità. Sia lode eterna a Lui, che anche in mezzo alle ire non dimentica la misericordia». Si può concedere molto, non tutto. Lidea che il generale Oudinot fosse guidato da Dio non è proprio convincente.
Nonostante alcune riserve, rendo merito a Fracassi per questo lavoro che arriva mentre il Risorgimento è messo in discussione non per le sue miserie - che ci furono, e furono tante - ma nella sua stessa essenza. Assistiamo a conati di riabilitazione dei Borboni, dello Stato dei Papi, magari dei briganti, quelli autentici. Lidentificazione del potere temporale con la sacralità del cattolicesimo e con lautorità del Vicario di Cristo ha assunto, nella polemica clericale dun tempo, accenti forsennati. Va aggiunto che dopo lUnità - e anche prima della presa di Roma - Pio IX, papa italiano, auspicò un intervento delle grandi potenze che mettesse in riga larrogante Italia.
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