Si fa chiamare Lupin, ha 57 anni e vive in una tenda canadese blu. La prima di una fila che ne conta almeno quindici. Quando ti affacci da ponte di Castel Sant’Angelo per guardare il panorama non puoi fare a meno di notarle, incolonnate lungo gli argini del Tevere. Sono un’anomalia. Una cosa bizzarra. Pensi di avere le allucinazioni, ma non sei il solo. Decine di persone, proprio come te, le stanno osservando. Qualcuno scatta una fotografia che finirà sui social network con tanto di didascalia: “Cartoline romane”.
Tornando a Lupin, l’inquilino della canadese blu, è in buona compagnia. “Qui siamo tutti italiani”, dice indicando le tende incolonnate dietro alla sua. “Più in là - prosegue - ci sono gli africani e dopo di loro i marocchini”. “C’è pure un polacco che alza sempre il gomito, ma riusciamo a tenerlo buono quando esagera”, precisa poco dopo. Quello che ci troviamo davanti è un camping internazionale con una vista d’eccezione sul cupolone di San Pietro. Lupin ci si è trasferito due mesi fa, dopo aver abbandonato il colonnato di via della Conciliazione, a due passi dalla basilica vaticana, uno degli approdi più gettonati per chi vive da senzatetto.
“Troppi litigi là sotto e poi qui non c’è la gendarmeria che ti fa sloggiare la mattina presto”, ci confida. L’insediamento è tollerato da mesi, così come i panni stesi, le bottiglie rotte e i fumi del braciere dove la comune arrostisce la carne. Lupin ce lo mostra con una punta d’orgoglio. È un tipo socievole. Un po’ meno la ragazza africana che si è rintanata qualche tenda più in là per sfuggire alle nostre domande. Il suo look è decisamente balneare. Infradito, bikini, pareo e smartphone in mano. “Lei è una di quelle che portano i pacchi”, ci spiega Lupin. È una rider, come racconta la bicicletta gialla appoggiata dietro alla sua canadese. Gli altri si arrangiano come possono.
“C’è qualcuno che prende il reddito di cittadinanza - va avanti il nostro interlocutore - e se e ne sta qui tutto il giorno senza fare nulla, altri invece per vivere chiedono l’elemosina”. “E tu?”. “Io no, io rubo nei supermercati, me li sono fatti tutti”, chiarisce Lupin, svelandoci il segreto del suo soprannome. Delle traversie della vita di prima non ne vuole parlare. È nato a Napoli. Ci mostra le mani e inizia a snocciolare la lunga lista dei lavori passati: “Idraulico, carpentiere, imbianchino, falegname…”. Dopodichè il buio. “In una casa non ci voglio stare, guarda qui che vista che abbiamo”, ci dice indicando la fortezza dei papi riflessa nelle acque del fiume.
Quello che si svela agli occhi dei visitatori superato ponte Vittorio Emanuele II è uno scenario surreale e insolito. “Spesso ci chiedono perché c’è un accampamento proprio a due passi dalla basilica di San Pietro, io non so mai cosa rispondere”, ci confessa il ragazzo che lavora in uno storico bar di piazza Pasquale Paoli. Gli esercenti sono preoccupati. La prima ragione riguarda gli affari. Gli sbandati che popolano gli argini del Tevere ormai mettono in fuga turisti e famiglie: “Un aiuto non lo neghiamo a nessuno ma c’è un limite a tutto, vengono a chiederci in continuazione da mangiare e sono troppo insistenti quando approcciano ai clienti”.
La seconda invece ha a che fare con il discorso sanitario: “Ma poi li avete visti? Non ce n’è uno che usi la mascherina o rispetti il distanziamento sociale, rovistano addirittura nei posaceneri per recuperare i mozziconi di sigaretta e fumarli”. L’accusa è che vengano usati due pesi e due misure. “Noi dobbiamo seguire le regole alla lettera, sennò fioccano le multe, ed a loro invece viene concesso di vivere così, in totale promiscuità, non è giusto”, si sfoga il barista.
“Siamo nella Capitale d’Italia, la Città Eterna, come è possibile - domanda - che vengano tollerate queste situazioni?”. Eppure l’insediamento continua a crescere con il passare delle settimane. “Certe cose - conclude il ragazzo allargando le braccia - si vedono solo a Roma”. Come dargli torto?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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