La vita da incubo nella 'casa dei nonni': "Così la Raggi ci ha abbandonato"

A Roma negli alloggi popolari di Ponte di Nona destinati ad anziani e disabili non funziona più nulla. Dai riscaldamenti che partono in ritardo agli ascensori guasti, la vita per gli anziani è diventata un incubo: "Il Comune ci ha abbandonato"

La vita da incubo nella 'casa dei nonni': "Così la Raggi ci ha abbandonato"

Doveva essere un condominio protetto, pensato per dare ospitalità e assistenza a decine di anziani in difficoltà economica. Ma ad appena sette anni dalla sua inaugurazione, la “casa dei nonni” di Ponte di Nona si è trasformata in una cattedrale nel deserto.

"Ogni anno rimaniamo puntualmente senza riscaldamenti - denuncia una residente - l’inverno scorso è capitato nel periodo di Natale e i tecnici dell’Antas, la società che si occupa della manutenzione per conto del Comune, non sono arrivati prima del 7 gennaio". Succede in quasi tutti gli alloggi popolari della Capitale, ma qui oltre al danno c’è anche la beffa. Sì, perché questi non sono appartamenti qualsiasi: gli inquilini sono per la maggior parte disabili ed over 65. La residenza è stata inaugurata nel 2012 sotto la giunta Alemanno. L’allora vice-sindaco Sveva Belviso prese in prestito dai Paesi scandinavi l’idea di realizzare una palazzina a misura di anziano.

Il progetto prevedeva che i 94 appartamenti fossero collegati con un videocitofono alla centrale della Croce Rossa Italiana situata al piano terra. La giornata doveva partire con la sveglia degli operatori. Una telefonata, puntuale, alle 9 di ogni mattino, per illustrare le attività del giorno: ginnastica, riabilitazione, corsi di ballo, cucina, fotografia, taglio e cucito. Col passare del tempo, però, alcuni degli alloggi popolari sono stati occupati e dei servizi che il Comune aveva messo a disposizione dei residenti non è rimasto quasi nulla. "Mia madre è immobilizzata al letto e vive attaccata ad un respiratore – ci racconta Luisa – quando mi sono trasferita qui mi avevano promesso che avrei potuto contare su un'assistenza fissa, e invece è finita che ho perso il lavoro perché ad accudirla devo pensarci io".

Non è l’unica a lamentarsi. "Qui non funziona nulla, muore un sacco di gente, un motivo ci sarà, siamo completamente abbandonati", denuncia Franco, un altro inquilino. Eppure per il progetto erano stati stanziati inizialmente 130mila euro l’anno. L’ultimo bando, quello relativo al biennio 2018-2019, ne ha messi a disposizione 191mila, ma soltanto per la gestione della palestra e del "cohousing" situato al piano terra, dove vivono cinque anziani "in regime di convivenza". Il professor Michele Panzarino, presidente dell’Associazione nazionale di cultura sportiva, che si è aggiudicata l’appalto assieme alla cooperativa sociale Onlus Nuove Risposte, ci conferma al telefono che negli anni "il bando è cambiato, concentrandosi soltanto su una parte e non più su tutta la struttura".

"Gli altri - ci dice Panzarino - possono rivolgersi alla Croce Rossa". Ma secondo i residenti lo spazio concesso gratuitamente all’organizzazione ormai funziona soltanto come “sede amministrativa”. È Raffaele Tamalio, presidente del Comitato del VI Municipio della Cri a chiarire al Giornale.it come le difficoltà nel mettere in pratica il progetto siano comparse sin dall’inizio. “I videocitofoni non hanno mai funzionato, e poi noi siamo tutti volontari, come avremmo potuto gestire una situazione del genere?”, ci spiega. E si giustifica: “Lo abbiamo fatto presente da subito agli inquilini”. “Per il resto facciamo quello che possiamo, ogni tanto – prosegue - portiamo i farmaci a domicilio, le segretarie ci sono tutti i giorni dalle 5 alle 7 di sera e se serve qualcosa gli inquilini possono chiedere a loro”. “Fino a due anni fa – aggiunge – c’era anche un medico che veniva a fare le visite”.

Oggi, invece, non si vede più nessuno. E per qualcuno questo stabile è diventato quasi una prigione. "Non ci sono servizi, viviamo in tre in un appartamento di 38 metri quadri, ho appena quarant’anni e mi sento morta dentro", ci confessa tra le lacrime Luisa. Tutti accusano le istituzioni di averli abbandonati. E non solo per la questione dei termosifoni, che puntualmente, anche quest’anno, sono stati accesi in ritardo. "Quando i tecnici hanno avviato gli impianti c’è stata una fuga di gas, sono intervenuti i vigili del fuoco che hanno sigillato tutto, e noi siamo rimasti al gelo per settimane", ci racconta Rita, un’altra residente.

A chiedere un intervento del Campidoglio nei giorni scorsi è stato il consigliere di Fratelli d’Italia, Francesco Figliomeni. "Nessuno del VI municipio e della giunta Raggi – accusa il politico - si è preoccupato in questi anni di andare a verificare la situazione in queste abitazioni, consentendo abusi ed occupazioni a persone non titolate, seppur con gravi problemi che comunque l’amministrazione deve risolvere". "Ma il fatto ancor più grave – sottolinea - è quello di aver lasciato per venti giorni ben 90 famiglie al freddo e senza acqua calda".

Per vivere in modo dignitoso i residenti ormai ricorrono al fai-da-te. "Facciamo collette per le pulizie delle scale e del giardino, abbiamo riparato da soli i cancelli elettrici", continua la donna mentre ci mostra le serrande del garage poco più avanti che non si abbassano più. "Il parcheggio è diventato preda dei nomadi del campo di via di Salone – continua - l’ultima auto è stata rubata qualche giorno fa".

Neppure l’ascensore che porta dal posteggio dei disabili fino al pianterreno funziona, mentre i due boiler che raccolgono l’acqua piovana per gli scarichi delle fognature non vengono controllati da anni: "Quando si fermano entrambi la melma invade i bagni, soprattutto quelli al piano terra". "È successo già più di una volta", assicura Rita.

Insomma, qui tutto è lasciato al caso. Anche l’accensione dei lampioni dell’illuminazione pubblica, che di giorno si illuminano e di notte restano spenti.

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