Rompono il cassonetto

Nessuno sa dire in definitiva chi siano i black bloc o i no global, se si equivalgano, se esista un’idea, una proposta, una sigla, un leader, un portavoce, un’organizzazione che vada oltre al rovesciare cassonetti della spazzatura da diec’anni. Lo spiega bene Michele Brambilla qui sopra. Poi c’è la globalizzazione, ma anche qui: non è chiaro ancora che cosa sia, e non lo si dice per gusto del paradosso. Mediando tra ogni definizione, infatti, resta l’idea che la globalizzazione sia solo la progressiva estensione a livello mondiale (globale) di processi che erano già in corso da decenni a livello locale. Prendete l’Italia e immaginate i poli produttivi per cui i filati si facevano nella tal zona, le auto nell’altra, i mobili nell’altra ancora; prendete poi le conseguenze soprattutto delle fasi iniziali e di trasformazione: scompensi di mercato, morte di artigianati locali e vendite al dettaglio, nuove ricchezze e povertà, nuovi status sociali, nuovi scenari. Accade lo stesso a livello mondiale, ma con regole che però cambiano da Paese a Paese: ecco perché i diritti umani e sindacali fanno parte del problema.

Diec’anni fa ne delirava Naomi Klein e quelli là rovesciavano cassonetti. Da altrettanti ne scrive il ministro Giulio Tremonti, noto black bloc, e quelli là rovesciano cassonetti. A livello mondiale cerca di occuparsene persino il G8. E quelli là.

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