La Russa: "Io, vecchietto, festeggio il 40enne Alfano"

Il ministro della Difesa sul nuovo segretario: "Sarei stato a disagio se fosse stato mio coetaneo. Da triumviro non mi sento esautorato: noi ex An fautori della svolta". Poi avverte: "Subito il consiglio nazionale. Angelino innovi senza distruggere, con la massima coralità"

La Russa: "Io, vecchietto, festeggio il 40enne Alfano"

Ignazio La Russa è amareg­giato, sia sincero.
«Orgoglioso se mai!».

Lei era triumviro del Pdl.
«Ancora lo sono».

Ma adesso è più un ruolo di garanzia...
«Garanzia di una svolta ec­cezionale. Io non capisco. Avete iniziato tutti a parlare di primarie, dando per ac­quisito un fatto incredibile come l’indicazione all’una­nimità di Angelino Alfano a segretario (...)
politico del Pdl».

Diceva dell’orgoglio.
«Doppio: ci si aspettava l’implosione, ma invece di deprimerci o restare a leccar­ci le ferite ci siamo immedia­tamente risollevati. E poi sul piano umano: io, con Ga­sparri e gli ex An, non ci sia­mo limitati ad accettare la se­greteria di Alfano, siamo sta­ti fra i fautori di questo pas­saggio
».

Avreste potuto mettervi di traverso.
«O
sulla difensiva».

Lui diceva: lascio la Giusti­zia solo con l’accordo di tutti.
«Lo abbiamo incontrato prima della nomina. Altri avevano perplessità, noi lo abbiamo spronato compat­ti ».

Quindi non si sente esauto­rato o sconfessato.
«Anzi. Credo che il consi­glio nazionale che deve ratifi­care la sua nomina debba te­nersi al più presto, anche se capisco che voglia aspettare i due decreti importanti sul­la giustizia».

Lei ha 64 anni.
«Sono
63, grazie».

È a suo agio in un partito guidato da un 40enne?
«Io do il meglio di me fra i giovani, ho passato il 2 giu­gno con 2000 ragazzi della mini naia. Sa che cos’è la mi­ni naia?».

Sì, ministro, ma altra cosa è avere a che fare con la ca­rica dei 40enni che recla­mano il loro turno ...
«E va bene, sa che cosa? Sa­rei stato a disagio se avesse­ro nominato un mio coeta­neo: se Alfano avesse avuto 58 anni non mi sarebbe par­sa una scelta lungimirante».

Che so, un Formigoni, un Tremonti...
«Non a caso le parlo di lea­dership del partito e non di premiership, ruolo cui an­che i due leader che ha citato possono giustamente aspira­re ».

La svolta Alfano è l’inizio dell’era post-Berlusconi?
«Al contrario. Il gollismo è nato con De Gaulle, ma è vis­suto anche dopo. Ecco: que­sto è il passaggio da un parti­to che poteva nascere e mori­re con Berlusconi a un parti­to che, grazie alla leadership forte di Berlusconi, sa guar­dare oltre l’orizzonte».

C’è chi ci vede la Dc, oltre l’orizzonte.
«La Dc è stato il più grande partito del dopoguerra, ha fatto ripartire l’Italia, da quel­la esperienza c’è molto da imparare. Neppure i miei pa­dri politici, che li avversava­no, hanno mai messo in di­scussione le qualità e l’im­portanza del lavoro di leader come De Gasperi».

Se ci abbandona pure La Russa moriremo democri­stiani ...
«Voglio dire esattamente l’opposto. Il Pdl ha imparato da molte esperienze: al Psi va riconosciuta la grande ca­pacità di innovare le istitu­zioni, mentre la voglia di non arrendersi mai è un’ere­dità del Msi. E poi i libera­li... ».

Intanto Scajola cuce con l’Udc.
«Ma io dubito che Claudio voglia rifare la Dc: ricreare un’alleanza con il centro cat­tolico non è rifare la Dc, è ri­comporre il centrodestra sto­rico, quello di Berlusconi, ha
un
senso».

Vale anche per il Fli?
«Col Fli non si tratta di ri­comporre, perché non è mai stato di centrodestra».

Sono usciti dal Pdl ...
«Girala come vuoi, ma il Fli è nato guardando a sinistra e lo ha dimostrato ai ballottag­gi. Altra cosa è aprire la porta
a chi di loro volesse tornare».

Una parte del Pdl lamenta che il centrodestra ha per­so Milano e Napoli perché Berlusconi non piace più.
«Quando perdi città come Milano non puoi dare inter­pretazioni così semplicisti­che e banali. Dopo 20 anni è chiaro che Berlusconi non può più essere motivo di spe­ranza, come era nel ’94, ma deve dare risposte. Solo che qui serviva un miracolo».

È lui l’uomo dei miracoli...
«Ah ah, sì, ma era pressato dalla crisi economica e dal­l’accanimento giudiziario, con l’aggravante dell’attac­co mediatico! E comunque io dico che senza di lui le ele­zioni
sarebbero andate peg­gio ».

Quindi nel 2013 ci sarà an­cora lui?
«Di certo la leadership sa­rà sua. Secondo me pure la premiership, anche se nulla gli vieta di proporre un no­me diverso».

Tanto adesso avete scoper­to anche voi le primarie...
«Questo dibattito sulle pri­marie è prematuro. E mette in ombra la grande svolta che è la nomina di Alfano».

Ma è Alfano che ha inizia­to, promettendo «più pri­marie per tutti».
«Allora definiamo cosa so­no le primarie: elezioni che precedono altre elezioni».

Quindi?
«Ha senso farle sui candi­dati alle urne. Ma la selezio­ne della classe dirigente è co­sa diversa: può avere modali­tà simili, ma spetta agli iscrit­ti ».

Beh, ovvio.
«Mica tanto. Le regole de­vono essere chiare. Voglia­mo coordinatori provinciali e cittadini scelti dal basso? Bene. Ma da un basso che ab­bia a cuore il partito. Poi pos­siamo discutere di facilitare le iscrizioni: oggi la tessera costa 20 euro e ci vogliono tre mesi per avere diritto di voto, bene, facciamo 2 euro e tre giorni. Ma non chiamia­mole
primarie».

Da 63enne, un consiglio al giovine Angelino?
«Di momenti difficili ne ho vissuti molti in

politica e so che la coralità è la miglior ri­sposta. Alfano continui co­me è partito: innovando sen­za distruggere, con la massi­ma condivisione possibile».

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