«La Ryder? Ho battuto Tiger, mi aspettavo una chiamata»

Breve riepilogo della partecipazione di Costantino Rocca nella Ryder Cup: primo italiano a prenderne parte, nel 1993 al The Belfry, Inghilterra, per poi essere uno dei grandi protagonisti delle edizioni del 1995 e 1997. In quest'ultima, giocata a Valderamma, l'unica edizione disputata in Europa su suolo non britannico, assieme ad Olazabal sconfisse la coppia Davis Love III-Phil Mickelson e poi quella formata da Davis e Fred Couples, per chiudere in bellezza con una vittoria pazzesca contro il numero uno del mondo, un certo Tiger Woods: 4-2. Nella storia della competizione sono state realizzate soltanto quattro hole in one, una porta la sua firma: all'Oak Hill tirò magnificamente alla buca undici, mentre giocava in coppia con Sam Torrance. Complessivamente nelle gare singole ha ottenuto undici vittorie, mentre nelle partite a coppie ne vanta sei, più tre in foursome. Non male, vero?
Partiamo dall'inizio: 1993, lei è un esordiente, l'Europa perde e la stampa britannica la considera uno dei colpevoli.
«Lunedì mattina apro Daily Telegraph e vedo un titolo che mi indica come uno dei responsabili. Mi dico: caspita, significa che valgo qualcosa se mi rimproverano in tal modo. Difatti quella sconfitta fu la mia fortuna: iniziarono ad invitarmi ovunque, perfino a Tokyo».
Cosa ricorda di allora?
«L'emozione era tanta, perché non ci arrivi lì per caso. In più fai parte di una squadra, devi pensare anche agli altri. Fu la prima volta che l'Europa mise davvero in difficoltà la squadra americana, da allora iniziò la grande crescita del team continentale».
Nel 1995 all'Oak Hill lei fa hole in one alla undici...
«Prima di me l'unico a farlo era stato Peter Butler, nel 1973. Quella sera il console americano mi portò una pergamena, rilasciai interviste a raffica».
Nel 1997 battè un giovanissimo Tiger, già numero uno al mondo: un tripudio.
«Tiger aveva appena vinto il Masters, era devastante, tutto il mondo parlava di lui e qualsiasi golfista voleva giocarci contro, per misurarci con il più forte. Ho giocato meglio di lui, alla 16 ho colpito un ferro uno da paura, ero in mezzo alle piante e ho puntato diritto sul green, a 170 metri. La folla impazzì, migliaia di spettatori che urlavano “Rocca Rocca”. Da brividi».
Nella stessa edizione assieme ad Olazabal avete sconfitto prima Davis Love III e Mickelson, poi Davis con Fred Couples.
«Con Ola eravamo e siamo molto amici, lui parla l'italiano, io lo spagnolo, sul campo il nostro gioco è complementare: imbattibili. Quando si scelgono le coppie è fondamentale l'intesa fra i due, anche a livello umano».
A parte lui, con chi si è trovato meglio?
«Con Sam Torrance e Ian Woosnam».
A proposito, ora Olazabal è il capitano del team europeo...
«All'Open d'Italia non ci siamo incrociati, se non sui tee e sui green. Per la verità mi aspettavo da lui una chiamata per fare il vice capitano: non è arrivata, pazienza. Si era parlato di me come vice anche nel 2010, quando ci furono i fratelli Molinari, non si è mai andato oltre le discussioni iniziali. Che sia chiaro, non dispero, però mi sarebbe piaciuto e, forse, me lo meritavo anche».
Francesco Molinari è un giocatore da Ryder?
«È ideale, perfetto per una competizione del genere: preciso, tira bene, spero non avrà qualche problemino con il putt. La Ryder è come le Olimpiadi: per farne parte devi essere fra i 24 migliori al mondo, il seguito è enorme, il pubblico tifa come in una corrida».
Chi vincerà?
«Spero l'Europa ovviamente. Ma gli americani ci tengono da morire e al Medinah verranno aiutati anche dal pubblico».


Qualche giocatore da seguire in modo particolare?
«Quando giocano i più forti si fa fatica ad indicare uno. Però direi McIlroy, poi Colsaerts e Snedeker».
Si gode di più a vincere un major oppure la Ryder?
«La Ryder: festeggi con altri 11, non da solo».

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