Il sì di Cofferati a Via Ramelli divide Bologna

da Roma

Forse Sergio Ramelli fa «ancora paura», come il titolo di un libro sulla sua storia, di certo fa ancora discutere, ed esplodere la polemica politica, a più di un quarto di secolo dal suo omicidio. Ieri a Bologna, sulla proposta di intitolare una via al giovane militante del Fronte della gioventù sprangato a morte nell’aprile del 1975, e morto dopo un terribile coma, si è spaccata la giunta di Sergio Cofferati (e in parte anche l’opposizione).
Tutto nasce dalla proposta di un giovane consigliere di An - Galeazzo Bignami - che chiede l’intitolazione di una strada «a una delle vittime simbolicamente più importanti degli anni di piombo». Prima ancora che si apra l’iter, in commissione, a sorpresa, il sindaco sposa l’iniziativa con una dichiarazione pubblica nettissima: «Per il delitto Ramelli si è trattato - commenta Cofferati, che la Milano di quegli anni la conosce bene per esserci cresciuto - di un atto gravissimo di violenza politica: rimuovere non serve a nessuno. La richiesta avanzata, che andrà in commissione, deve seguire il suo iter. Io, personalmente, sono favorevole. Quello di Ramelli - osserva il sindaco del centrosinistra - non è l’unico caso di violenza politica di quegli anni e quindi sarà opportuno tornare a ricordare quelli che ne sono stati colpiti». Frasi che sembrano ispirate da un intento pacificatorio e civile, contro cui però insorgono i consiglieri di Rifondazione, e anche la sinistra della Quercia. Fra i più risoluti si distingue Libero Mancuso, assessore della giunta (ma anche ex pm del processo sulla Strage di Bologna) che attacca: «Non è un gesto opportuno, non c’è stato nessun dibattito in città, la storia di Ramelli non ha afferenze con Bologna. Io non sono d’accordo: sono tanti coloro che sono morti in quel periodo bisognerebbe prima ricordarli tutti». Non conta evidentemente che il giovane militante fu ucciso senza che si fosse macchiato di nessuna colpa, con un delitto su committenza, da un commando del servizio d’ordine di Avanguardia Operaia. Nè che il suo sia uno dei pochi delitti degli anni di piombo per cui non esistono dubbi giuridici (i colpevoli, rei confessi, sono stati condannati con un processo iniziato nel 1987!).
E mentre Bignami ovviamente è soddisfatto («Mi pare un gesto di grande civiltà, che potrebbe vedere unita la città: è un muro che cade, non mi interessano le polemiche, spero solo che si trovi uno spazio da dedicare a Ramelli»), parte dell’opposizione critica la sua iniziativa. «Non condivido - ha detto il coordinatore cittadino di Forza Italia Francesco Osti - il modo di presentare la richiesta. Non è questione di maturità politica ma di opportunità politica. Mi sembra che gli amici di An con le dichiarazioni degli ultimi giorni di critica e presa di distanza dalla giunta Guazzaloca di cui facevano parte - osserva - stiano confondendo l’elettorato».

Già: perché una analoga proposta di Bignami era stata bocciata durante il mandato del sindaco Guazzaloca. Il paradosso del dibattito sulla memoria degli anni Settanta è sempre lo stesso: si discute del passato sempre con un occhio al presente.

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