«Salgàri merita il grado di capitano»

La recente pubblicazione di alcune note sulla vita genovese di Emilio Salgàri, ci ha fatto incontrare un simpatico personaggio molto vicino al suo mondo: Virgilio Bozzo, capitano genovese di lungo corso, che sta dedicando allo scrittore un'appassionata ricerca volta ad un nobile, anche se curioso, scopo. In un mondo accademico - ci dice - dove le lauree «honoris causa» si danno spesso e volentieri (e forse in taluni casi, aggiungiamo noi, anche a sproposito) perché non proclamare post mortem «Capitano honoris causa» lo scrittore veronese, che visse alcuni anni a Sampierdarena? Emilio Salgàri si spacciava volentieri per Capitano e nonostante avesse frequentato per alcuni anni il Nautico di Venezia, non si diplomò. Ma in quegli studi, e poi nella sua vita ricca di frequentazioni librarie e marinaresche, imparò tutto ciò che un Capitano di lungo corso poteva e doveva conoscere, e queste sue conoscenze sono testimoniate nei suoi libri, dove la terminologia marinaresca, le manovre dei velieri, le collocazioni geografiche denotano chiaramente la sua vastissima cultura marinara.
Salgàri avrebbe fatto carte false per poter diventare Capitano, al punto che quando un suo collega giornalista veronese, Giuseppe Biasioli, nel 1885 ironizzò in maniera pesante sul quotidiano «L'Adige» sul titolo di Capitano che Salgàri si attribuiva, questi lo apostrofò violentemente in piazza; i due vennero alle mani e furono separati a fatica dagli amici, ma Salgàri fece in tempo a schiaffeggiare l'avversario e poche ore dopo i padrini assistevano al duello con la sciabola tra i due. Salgàri, esperto spadaccino, ebbe la meglio ferendo il Biasioli.
Anche nella sua attività di scrittore, soprattutto agli esordi, Salgàri cercò sempre di far credere di essere in possesso del titolo di Capitano di gran cabotaggio e di aver viaggiato nei mari dell'arcipelago malese; ma il suo unico viaggio per mare fu quello su una barca peschereccia, di quelle che i triestini chiamano «topi», con due grandi vele a poppa e a prora. Vi rimase tre mesi, su e giù per l'Adriatico, toccando, come meta più lontana, il porto di Brindisi.
Anche le biografie salgariane, furono spesso ingannate dalla leggenda del Capitano che lui stesso alimentava: «Io ho viaggiato nella mia vita di marinaio, provando emozioni non comuni e non comprensibili per colui che è comodamente seduto a casa sua - ebbe a dire - ma le emozioni che provai a bordo di quella topaia chiamata “Italia Una” furono le più forti da me provate durante l'intera mia vita di marinaio». Furono le più forti ma anche le uniche...
Tuttavia queste fantasticherie sorte su di lui, come ebbe a scrivere Emilio Firpo che ben lo conobbe durante il suo soggiorno genovese, non fecero che togliergli «il grande merito di aver saputo descrivere, senza mai averli visitati, lontani paesi esotici con la fedeltà e la precisione degne della penna di un autentico esploratore». E di un «capitano», aggiunge Virgilio Bozzo, più che mai intenzionato a fargli riconoscere questo titolo guadagnato, potremmo dire, «sul campo».


Bozzo ha già avuto contatti con il Preside dell'Istituto Nautico San Giorgio e presto dovrebbe incontrare i membri del Consiglio d'Istituto. Starà a lui convincerli ad onorare, nella maniera forse più opportuna, Emilio Salgàri a cent'anni dalla sua scomparsa.

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