Il virus killer dei linfociti che uccide in soli 2 mesi. Ecco l'ultima speranza per Alex

Il piccolo, di soli 18 mesi, è stato trasportato da Londra all'Ospedale Bambino Gesù dove verrà sottoposto a un trapianto di midollo. La sua malattia colpisce circa un nuovo nato su 50mila

Il virus killer dei linfociti che uccide in soli 2 mesi. Ecco l'ultima speranza per Alex

È un bambino di 18 mesi ed è affetto da una grave patologia genetica. A Roma è atterrato in queste ore, per essere trasferito all'Ospedale Bambino Gesù, dove verrà sottoposto a un trapianto di midollo. Alessandro Maria Montresor ha la linfoistiocitosi emafagocitica primaria.

Che cos'è la malattia di Alex

La patologia del piccolo consiste in un difetto delle cellule del sistema immunitario, incapace di gestire e di respingere le infenzioni. Secono quanto spiegato sul sito dell'Ospedale Bambino Gesù, la malattia colpisce circa un nuovo nato su 50mila ed è frequentemente scatenata da un'infezione virale. In Italia, il numero di piccoli affetti è stimabile attorno a una decina l'anno. Il rapporto tra maschi e femmine è di circa uno a uno. Si tratta di una malattia autosomica recessiva, il che significa che madre e padre sono portatori sani del gene responsabile della patologi e che a ogni fecondazione la potenziale coppia ha un rischio del 25% di generare un figlio con la malattia.

Cosa determina la patologia e quando si manifesta

Studi e ricerche, negli anni, hanno identificato il difetto che causa questa condizione. A determinare la malattia è la mancanza di una proteina essenziale per eliminare i virus che attaccano i linfociti: nel 40% dei casi è la perforina, in un altro 30% è Munc13-3, in casi più rari Syntaxin 11. Nel 70% dei bambini si manifesta nel primo anno di vita dei piccoli e solo il 10% dei casi ha un esordio nel periodo neonatale.

I sintomi più comuni

Ci si può accorgere della patologia se i piccoli manifestano febbre intermittente e dall'ingrandimento progressivo di fegato e milza. Irritabilità, convulsioni, deficit dei nervi cranici, atassia, rigidità nucale e segni aspecifici di ipertensione endocranica sono infine diagnosticati nel 75% dei pazienti.

Malattia fatale senza intervento

In assenza di trattamento, la linfoistiocitosi emofagocitica primaria risulta fatale, con una sopravvivenza di circa due mesi dall'esordio. La sopravvivenza a cinque anni è del 10% nei casi trattati con polichemioterapia e di circa il 70% in quelli curati con trapianto di cellule staminali emopoietiche. Finora, per questa patologia, non esisterebbero farmaci approvati in grado di curarla completamente.

Da Londra a Roma

Il bambino era stato ricoverato al Great Ormondo Street Hospital di Londra, dove la ricerca di un donatore compatibile è risultata vana, nonostante le centinaia di persone iscritte ai registri dei donatori di organi, dopo che i genitori, Paolo e Cristina, avevano chiesto aiuto. Nonostante "lo tsunami di solidarità", però, nessuno risultava compatibile.

L'intervento al Bambino Gesù

Ed è a Roma che, infatti, il piccolo subirà un intervento con una tecnica innovativa, per la quale l'ospedale della capitale risulta essere tra i primi al mondo. Si tratta del trapianto di midollo da genitore con una metodica innovativa di manipolazione delle cellule staminali. Nell'ospedale romano, da quasi un anno e mezzo, è stato messo a punto un metodo innovativo per la manipolazione delle cellule staminali da trapiantare, trattate in modo da eliminare selettivamente le cellule che potrebbero determinare un rigetto.

Nei giorni scorsi, il professor Franco Locatelli, ad Avvenire, aveva spiegato che al Bambino Gesù sono già stati eseguiti trapianti, con questo tipo di approccio innovativo, su una cinquantina di bambini con immunodeficienze primitive simili a quelle del piccolo Alex. Con una guarigione nell'85% dei casi.

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