Sanremo decolla col brivido Berté

La cantante s'impunta e anticipa l'esibizione, vestita con un cappuccio

Sanremo decolla col brivido Berté

Sanremo - Strano martedì, di pruriti e depressioni. Il festival scopre che l’Italia ha altro a cui pensare, tragedie, caro vita, elezioni. Sale il petrolio, cala Sanremo. Strane voci. La Berté non sta bene, no, sta benissimo, forse, chissà, è chiusa in albergo, ma va, sta preparandosi alla grande, vedrete. Aria acida, illazioni, smentite. Lei stessa avrebbe imposto un cambiamento della scaletta. L’avevano collocata in chiusura, dopo una trattativa, di quelle da repertorio, si era pensato al ribaltone, a Loredana sarebbe stata concessa l’apertura. Ma a quell’ora, per un’artista geniale e imprevedibile quasi l’alba, sarebbe stata disponibile, disposta, pronta? Massì, ma no. Al momento del fischio d’inizio, le nove e dieci, il mistero continuava ad agitare la sala stampa; dentro, nel senso del teatro Ariston, nessun turbamento, il solito quadretto in prima fila Del Noce-Parietti, forse è una clausola del canone raitivvù, poi la solita gioielleria scintillante, i soliti datati di villa arzilla, i balletti inutili, le gag scontate, i sette pastori tedeschi, nel senso di cani lupo, per promuovere furbescamente un Commissario Rex di Rai 1 e demolire la concorrenza («Mai visti tanti cani in televisione nemmeno al Grande Fratello», ha detto il Piero), la pubblicità doverosa, i soldi non sono tutto nella vita ma gli sponsor sì.

Per fortuna è apparsa miss Bitonto, Sua Bellezza Bianca Guaccero, bollicine dalla Puglia e il teatro ha preso la temperatura giusta, sollecitato dalla bruna e dal bruno, Piero Chiambretti, ovviamente, che si è messo contro il popolo nerazzurro: «La Guaccero è come l’Inter in Champions: entra ed esce». Applausi dalla curva, maledizioni dalle tribune. La strategia della tensione aveva ormai preso tutti, dico il popolo dei suivers in sala stampa, risvegliati dal caso Berté, costruito e smontato, anche perché il festival langue, teme il secondo flop consecutivo. Il tam tam è proseguito tra un’esibizione e l’altra, una maestosa argentina, Lola Ponce, fasciata lungo il corpo da un inquietante abito, ha provveduto a ridestare la «ggente» cantando in coppia con Giò Di Tonno Colpo di Fulmine, circostanza che può realizzarsi incontrando la Lola, con o senza il Giò. Per aggiungere ansia, quel malefico di Chiambretti ha chiesto a Baudo: «Quando arriva la Berté? Ma arriva?». Occhio all’orologio, è presto, no è tardi, la Berté c’è o non c’è. E Loredana è apparsa. Finalmente avvolta e incappucciata in abito da lei medesima disegnata ieri notte, ricorrendo a un cuscino dell’albergo, munita di lenti scure, con guanti neri in pelle. Grande interpretazione, secondo storia e stile. Coccole di Baudo, un colpo nell’occhio di Chiambretti, show pazzo. Dopo lo zolfo, una pagina antica ma non vecchia, Little Tony, la sua tenera Non finisce qui, una promessa che scalda il cuore. Nuova gag parapolitica della strana coppia. Dalla botola è salito Chiambretti seduto alla scrivania e ha chiamato l’imputato Baudo: «Potevi diventare Vespa, cioè giornalista e sei diventato Baudo». «Mi è andata meglio» ha risposto Pippo. «Adesso firma qui il contratto con gli italiani. Pd e Pdl non hanno un programma, tu nei hai due Sanremo e Domenica In. Dunque prometti quanto segue: abolire l’Ici sulla prima casa discografica; assicurare un milione di posti di lavoro al festival con 700mila campioni e 300mila giovani; nei primi sei mesi di governo abolire Mike Bongiorno». Baudo ha preso in mano la stilografica, ha sottoscritto chiarendo: «Tanto non mantengo gli impegni», per scomparire nella botola. Chiusa la satiretta politica sono tornati i Duran Duran, passati nel tempo da Craxi a Dini, oggi a un governo caduto, ma sempre con lo stesso Baudo e con il fascino immutato di voci e presenza.

Zampaglione e Tiromancino hanno sussurato Rubacuori, potrebbe rubare voti. Fine della giornata strana. Come diceva la Rossella di Via col vento, domani (oggi) è un altro giorno. Di riposo per il festival, ma non per i dati di ascolto.

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