Si chiama «Una stanza ritrovata» il volume dellElecta (Mondadori) che celebra la chiusura dei restauri della Piccola Sacrestia di Santa Maria delle Grazie in corso Magenta che risale alla fine del 1400, un piccolo gioiello che va ad aggiungersi al complesso domenicano proprio a fianco al refettorio leonardesco dove si trova «LUltima cena». La Piccola Sacrestia fa da raccordo tra il settore del presbiterio della tribuna di Santa Maria alle Grazie e il chiostro. La storia più antica dellintero complesso fu redatta da fra Giacomo Girolamo Gattico nel XVII secolo, che sosteneva che la tribuna venne edificata sentendo il parere di «peritissimi architetti».
Nonostante la mancanza di documenti ufficiali a partire dalla fine del Settecento fu convenuto che il Bramante, sia perché ingegnere ducale sia perché consulente di Ludovico il Moro, già autore dellabside e della grande cupola, si occupò anche del progetto che inglobò la Tribuna, la Sacrestia Grande e il piccolo chiostro ad essa antistante, spiega Padre Stefano Rebecchini. Lo stesso che da tempo, dopo il restauro di tutta la Chiesa, continua a lanciare appelli al Comune di Milano perché venga sistemato lantico acciottolato che circorda il complesso ecclesiastico, di competenza del Demanio, ridotto a un colabrodo e pericoloso per i passanti. Non è un caso che gli studiosi hanno inquadrato il cantiere delle Grazie nellambito dei cantieri ducali dando spazio a più architetti, maestri e ingegneri che operavano a Milano e dintorni tra il 1492 e il 1497. Pertanto oltre a Bramante e Leonardo, figurano Battaglio, Amadeo, Dolcebuono e come dice Paolo Villa nel suo saggio allinterno del volume curato da Maria Teresa Fiorio, Stefano Zuffi, Simone Ferrari e Fabio Frezzato, è logico supporre che abbiano partecipato a tale progetto. Alla luce dei documenti ritrovati e pubblicati dalla Società storica lombarda, si sa che alcuni di loro fecero certamente molte parti decorative.
Si sa che le chiese, come altri edifici importanti del passato sono la Tribuna di Santa Maria delle Grazie realizzata in sostituzione delloriginario presbiterio del Solari. In ordine venne poi costruita la Sacrestia Grande, il Chiostro e la Torre Campanaria. Per comunicare lampio coro della Chiesa e il chiostro si pensò a un nuovo ambiente tra la parete nord del coro e la Torre Campanaria. Così il nuovo spazio metteva il comunicazione il presbiterio, il coro, il chiostro e attraverso la base della Torre Campanaria o tramite una seconda apertura ricavata tra gli stalli lignei, chiusa da una porticina. Questo passaggio poi fu aperto a tribuna, come documentano saggi stratigrafici eseguito proprio nel corso del restauro.
La Piccola Sacrestia è ricca di decorazioni pittoriche. La Cappella di San Martino per lAldeni aveva già un affresco riportato su tela nel 1960, nella Nuova Sacrestia che rappresenta San Martino a cavallo mentre dona il mantello al povero: del 1500 anche un lavabo e altri dipinti. Il Libellus Sepolchrorum ci fa conoscere nella cappella le sepolture di illustri personaggi. Secondo anche Padre Caccin il Maestro Bernardo è da identificarsi con il pittore Bernardo Zenale che in un testamento nel 1522 fece dono alla Chiesa chiedendo di essere sepolto nella Cappella di san Martino: qui lavorò anche Bernardino Zenale, con Butinone e Montorfano. Le pareti dipinte rappresentano vasi, ghirlande, fiori, motivi vegetali bianchi, candelabri, su fondo rosso bruno racchiusi da specchiature rettangolari. Marmi di Candoglia e diversi graniti uniti a laterizio, elemento tipico delle Chiese lombarde formano elementi decorativi che uniti a delicati lavori debanistica insieme alla pavimentazione creano luoghi di eccezionale bellezza.
Fu larchitetto Gaetano Moretti nel 1896, direttore dellUfficio Regionale istituito da Luca Beltrami ad occuparsi della Piccola Sacrestia.
Un lavoro terminato solo oggi grazie a Libero Corrieri e Sandrina Bandera, direttori dei lavori, Alberto Artioli della Sovraintendenza, alla Ditta Villa Restauri e agli esami chimici della C.S.G.
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