Dalla Sbarbati a Nicola Rossi: ecco chi ha il seggio a rischio

Elezione difficile per alcuni big del centrosinistra. Fuori gioco Cusumano (ex Udeur), Tempestini (fassiniano doc) e il sottosegretario Stadiotto

da Milano

Alto vince, basso perde. Il problema è quanto. I candidati del Pd che nelle liste si sono ritrovati più giù di quanto promesso o presunto hanno già protestato, qualcuno pubblicamente e qualcun altro con chi di dovere. Ma per individuare nelle circoscrizioni gli ultimi posti utili per Montecitorio e Palazzo Madama ci vorrebbe la sfera di cristallo. E questo perché molte previsioni basate sul precedente del 2006, quando si svolsero le prime elezioni regolate dal «Porcellum», sono complicate dal fatto che rispetto a due anni fa lo scenario politico è profondamente cambiato.
Un sondaggio commissionato da Rifondazione comunista, per esempio, darebbe alla Sinistra arcobaleno l’8,5%, con un minimo 21 a 26 senatori, tutti sottratti a quella delle due maggiori coalizioni che risulterà seconda nelle regioni in cui Bertinotti sarà sopra lo sbarramento dell’8%, cioè dappertutto tranne che in Veneto, Friuli Venezia Giulia, Abruzzo e Sicilia.
Trovare il confine fra «i sommersi e i salvati» è davvero arduo. Per i candidati a Palazzo Madama ma anche per quelli a Montecitorio, perché i consensi dei nuovi attori che supereranno il 4% nazionale ridurranno gli eletti della coalizione che non conquisterà il premio di maggioranza. Insomma, i 277 deputati della minoranza andranno divisi fra le minoranze.
A livello locale, però, le previsioni fioccano. In Piemonte è considerata impossibile la rielezione di Mimmo Lucà, il leader cristiano-sociale con tre legislature alle spalle piazzato nella prima circoscrizione al numero 9. E siccome al Senato il Pd dovrebbe ottenere da un minimo di cinque a un massimo di otto seggi (ma con Udc e Sa sotto lo sbarramento), ecco che è in serio pericolo l’elezione del numero 7, Stefano Ceccanti, il costituzionalista nel 2005 garante delle primarie dell’Unione e da tempo consulente di Veltroni. A maggior ragione rischia il numero 8 Franca Biondelli, sindacalista novarese voluta dallo stesso candidato premier. Naturalmente non la pensano così gli strateghi del Pd, che contano su 23 eletti in Piemonte fra Camera e Senato.
In Veneto difficile la rielezione a Palazzo Madama per il numero 8, il sottosegretario Marco Stadiotto, ma se la Sinistra arcobaleno superasse lo sbarramento potrebbe restare fuori anche la sua collega Franca Donaggio. Quanto alla Camera, missione impossibile per il numero 7 Francesco Tempestini, ex capo della segreteria particolare di Fassino.
In Friuli, al numero 5 della lista per Montecitorio il Pd ha piazzato la radicale Maria Antonietta Farina, la vedova di Marco Coscioni. Che sarà eletta solo con il lasciapassare del capolista Cesare Damiano, che dovrebbe optare per un’altra circoscrizione. Elezione «vietata», invece, per Mirko Lami, l’operaio di Piombino che Veltroni aveva conosciuto qualche giorno prima dell’annuncio delle liste, che è stato inserito per il Senato in Toscana al numero 15. Nel 2006, infatti, l’Unione aveva conquistato undici seggi. E nelle Marche potrebbe essere a rischio il numero 4 per il Palazzo Madama, l’economista Nicola Rossi già consigliere di D’Alema.
In Sicilia i sondaggi accreditano il Pd di 23 parlamentari: sette deputati in Sicilia 1 (ultimo posto «utile» quello di Enzo Carra), otto in Sicilia 2 e otto senatori.

Franco Piro e Nuccio Cusumano (il senatore dell’Udeur che votò la fiducia a Prodi contro le direttive di Mastella) sono i numeri 9 e 10 per Palazzo Madama. Non è per nulla certa, infine, l’elezione al Senato di Luciana Sbarbati, la leader dei Repubblicani europei voluta da Veltroni al numero 3 in Sardegna.

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