Alla Scala IL TRITTICO Puccini torna e si fa in tre

Riccardo Chailly dirige «Il Tabarro», «Gianni Schicchi» e «Suor Angelica» rappresentate l’ultima volta 25 anni fa

Sebbene Puccini avesse fatto inserire da Ricordi la clausola che andassero eseguite assieme, le tre operine del Trittico sono state rappresentate spesso singolarmente. Hanno anche suscitato riserve e molto è dipeso dal direttore.
Il primo a essere perplesso è Toscanini che giudica volgare e monotono il Tabarro. Al Metropolitan di New York, dove il Trittico è presentato la prima volta il 14 dicembre 1918 (un mese dopo sarà al Costanzi di Roma diretto da Marinuzzi) l’entusiasmo è per lo Schicchi, mentre nel cuore di Puccini c'è Suor Angelica, la figurina che entra a pieno titolo nella sua galleria di peccatrici redente. Riccardo Chailly, il direttore di questa sera, adora Puccini e le ama tutte. Il Trittico è l’ unicum che sbalza un’architettura drammatica davvero superba. Questa sera torna alla Scala (prima volta il 29 gennaio 1922 con Ettore Panizza, ultima 25 anni fa con Gavazzeni).
L'idea di scrivere tre lavori a contrasto viene al compositore sulla scorta del grand-guignol francese. La fonte letteraria avrebbe dovuto essere prima Dante e poi Maksim Gor'kij. Va diversamente. La Houppelande di Didier Gold è spunto di Tabarro. Giovacchino Forzano, librettista, baritono, regista e quant'altro, suggerisce poi l'idea di Suor Angelica e anche dello Schicchi da Dante. Fatto reale con un Cavalcanti che ruba il posto a un estinto Donati. I tre pannelli accostano tragico, lirico, comico di derivazione commedia dell'arte. L'orchestra dipinge le atmosfere. Il cupo scorrere della Senna è sfondo al Tabarro, spaccato naturalistico del proletariato parigino primo Nove. Una partitura forte ricca di temi ricorrenti e citazioni: canzoni parigine, chansons à boire, autocitazione di Bohème. Arcaico e lontano dal Verismo che pure sarebbe suo per storia e cronologia. Suor Angelica è elegia.
Un convento del Seicento e sciami di suorine un po’ stucchevoli: la giardiniera, l'infermiera, la vivandiera... Suorine ingenue, un po’ ipocrite e molto bigotte che cinguettano attorno alla protagonista Angelica, milieu aristocratico. L'opera è volutamente squilibrata a favore del chiacchiericcio conventuale che rende più incisivo il dramma di Angelica. Di segno opposto Schicchi. Violento e martellato da ostinati ribattuti e dissonanze bartokiane. Il canto è declamato e l'ironia irresistibile quanto più l'azione è verosimile. Forte l'esaltazione della «gente nuova» e del contado. Molti i toscanismi (lo stornello, la descrizione di Firenze) nell'economia di una vis comica che non risparmia né legge (il notaio) nè medicina (Spinelloccio della scuola bolognese). La produzione è firmata da Luca Ronconi (scene di Margherita Palli e costumi di Silvia Aymonino). Onnipresente una finestra-occhio che in Tabarro è il cielo donato anche alla desolazione dei reietti, in Suor Angelica un tabernaco, nello Schicchi una stampa del girone infernale di riferimento.

Tabarro guarda la Senna, Suor Angelica sull'enorme Madonna con bambino riversa a tutta scena, Schicchi la dimora di Buoso incendiata da sete scarlatte e parenti serpenti. Nei tre cast spiccano le figure portanti di Juan Pons, Barbara Frittoli e Leo Nucci.
Trittico
Teatro alla Scala
Da oggi al 2 aprile
0272003744

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