Lo scippo a cinque cerchi di Walter

Qualcuno ricorderà come andò: Milano e Roma volevano entrambi candidarsi per le Olimpiadi del 2016. Forse in cambio del sostegno di Veltroni per l'Expo, il sindaco Moratti accettò questo accordo: Milano appoggia Roma per il 2016, ma se la capitale non ce la farà sarà Roma ad appoggiare Milano per il 2020. Tuttavia era scontato che il Cio non avrebbe scelto un'altra città europea i Giochi del 2016 dopo Londra 2012, in base al principio della rotazione fra continenti. Non poteva non saperlo anche Veltroni: perché dunque quella candidatura di Roma? Era in buona fede? Comunque dopo la scelta di una città russa per il Giochi invernali del 2014 la cosa è diventata ancora più evidente. Poco male, annuncia Veltroni, «ci candidiamo per il 2020». Ma come... e Milano, l'accordo con la Moratti, la parola data? Chissenefrega. Certo, il dolce Walter non si esprime così perché è buono, lui, anzi buonista. Ma tira sempre a fregare tutti. Da Venezia con la Festa del Cinema a Prodi con la segreteria pre-designata del Pd. E ora Milano con le Olimpiadi del 2020. Col buonismo funziona meglio. Serve a poco dire che l'avevamo previsto e l'avevamo scritto. Serve invece affermare con chiarezza che stavolta Milano non può, non deve accettare questa ennesima prepotenza romana, anche perché la posta in gioco è grossa. La Moratti fa largo e sapiente uso del fair play quando si trova a competere con i suoi colleghi sindaci, con quello di Roma in particolare. Glielo impone il suo temperamento, la sua estrazione famigliare, la sua educazione.

E noi ne andiamo fieri. Ma le prepotenze e i giochi delle tre carte veltroniani no, questi non possiamo accettarli. Milano deve perciò affermare subito e con forza che intende candidarsi per le Olimpiadi del 2020. Questione di dignità.

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