La scomoda eredità di Sgarbi

Sono passati più di cinque mesi da quell'8 maggio quando Letizia Moratti accompagnò Vittorio Sgarbi al portone di Palazzo Marino. Da allora il sindaco tiene l'interim dell'assessorato alla Cultura. Niente di strano, sono cose che succedono ovunque. Personalmente continuo a pensare che sia stato un errore fare di Sgarbi un amministratore pubblico (fa pasticci anche nell'amministrazione delle sue personali risorse) e che errore ancora più grave sia privarsi del contributo del più geniale critico-conoscitore-divulgatore italiano delle arti figurative. Comunque la frittata è fatta e pare che Vittorio si diverta un mondo come sindaco di Salemi. È invece preoccupante che una metropoli come Milano, con la sua (traballante) reputazione di grande centro internazionale di produzione culturale, resti tanto a lungo priva dell'assessore competente. Per ora, forse, non se ne sente la mancanza: in una grande città la programmazione in questo settore si fa almeno da un anno per il successivo e spesso a più lungo termine.
Dunque stiamo rovistando il fondo dei cassetti, ma cosa accadrà fra qualche mese? Si tratta di un impegno che richiede tempo pieno e dedizione totale: sarebbe irrealistico e ingeneroso pretenderlo dal sindaco, soprattutto in questa fase di difficile gestazione dell'Expo.

I pur bravissimi e competenti funzionari e consulenti dell'assessorato possono arrivare fino ad un certo punto: hanno comunque bisogno di linee d'indirizzo, scelte politiche, criteri di programmazione, organizzazione delle idee e della creatività. Hanno bisogno, insomma, di un assessore a tempo pieno. Ma soprattutto ne ha bisogno Milano, che su questo terreno non può perdere altri punti. È urgente, perciò, trovare il successore di Sgarbi.

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