Sconfitta annunciata a Piacenza

nostro inviato a Piacenza
E alla fine, il responso delle urne ha dato ragione alla vox populi piacentina. Non quella del centrosinistra, che sarebbe stata scontata, ma proprio quella del centrodestra, o almeno della sua parte più critica. Che da settimane, in silenzio o sottovoce, bofonchiava. Quella vox populi diceva che Dario Squeri, candidato della Casa della libertà, non ce l’avrebbe fatta a battere al ballottaggio il sindaco uscente Roberto Reggi, della Margherita. Così è stato: 31.475 voti, pari al 55,72%, sono andati a Reggi (che ha migliorato anche rispetto al primo turno, quando aveva raccolto il 52,28%) contro il 44,28% (25.009 voti) ottenuto da Squeri.
La vox populi diceva tuttavia dell’altro. Diceva che il candidato della Cdl aveva sbagliato i toni, scegliendo quelli troppo duri, esageratamente aggressivi, da campagna nazionale più che da confronto amministrativo. Diceva inoltre che aveva sbagliato argomenti, con promesse ardite come l’azzeramento dell’Ici, l’acquisto di un treno per i pendolari diretti a Milano, asili gratis e bonus di 100 euro mensili ai pensionati con la minima. Ma la vox populi diceva soprattutto che a sbagliare, più che Squeri, era stato chi, dal centro, aveva voluto imporre proprio la candidatura di questo democristiano storico e poi co-fondatore nazionale della Margherita, sotto i cui petali è stato tra l’altro per due mandati presidente della Provincia.
Così, al ritorno alle urne, il 53enne imprenditore del settore conserviero non si è scostato dalla percentuale di voto raccolta al primo turno, dovendo di fatto rinunciare anche al ballottaggio a un buon 10% di voti rispetto a quello che in base ai risultati delle circoscrizionali di Piacenza sarebbe il patrimonio potenziale della Cdl: ovvero il 54%. In altri termini, un 10% di possibili elettori di centrodestra non ha gradito la candidatura di chi (è sempre la vox populi a dirlo) «ha cambiato casacca». Soprattutto ricordando - perché la città è piccola e la gente oltre a mormorare ha ottima memoria - le sue dichiarazioni sulla Cdl quando era un alto esponente della Margherita. Un 10% di renitenti al voto concentrati soprattutto tra An e Forza Italia; molti meno nella Lega, dato che in passato era stata alleata locale della stessa Margherita.
Così, a trarne vantaggio - ironia della sorte - è stato proprio un altro esponente della Margherita. Ovvero il sindaco uscente, il «kennediano» ingegner Reggi, 47 anni, dirigente della Eurogen (Enel), sposato con Patrizia e padre di tre figli. Che nel corner elettorale di corso Vittorio Emanuele, dipinto fin sul pavimento dello stesso vivace arancione da rivoluzione ucraina usato per magliette, sciarpe e palloncini, ha atteso ieri tra i suoi supporter, in una temperatura e umidità thailandesi, l’affluire dei dati dalle diverse sezioni, fino alla sicurezza matematica del risultato finale. Conquistato in parte, forse, anche grazie all’aver portato a Piacenza, a sostenerlo, proprio due sindaci - Veltroni di Roma e il torinese Chiamparino - anzichè dei leader nazionali, quasi a voler sottolineare la valenza amministrativa del voto.

Così ieri sera, poco prima che un violento acquazzone raffreddasse la cappa su Piacenza, Reggi è rientrato in Comune, nuovamente da sindaco, dopo una breve passeggiata scandita da applausi e perfino da brevi strofe di «Bandiera rossa» accennate da sparuti nostalgici comunisti. Visibilmente sperduti in mezzo a tutto quell’arancione.

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