Scontro Pdl-toghe: cosa farà Napolitano?

Il Capo dello Stato potrebbe smussare gli angoli per evitare che lo scontro politico-istituzionale raggiunga livelli preoccupanti

Siamo arrivati a un livello di scontro durissimo tra politica e magistratura. I pm di Milano vanno avanti a testa bassa contro Berlusconi, utilizzando le visite fiscali per delegittimare le richieste di legittimo impedimento sollevate dalla difesa del Cavaliere. Quelli di Napoli, invece, chiedono un processo immediato per il leader del centrodestra. I parlamentari del Pdl protestano: "Oltrepassata ogni regola democratica". Domani vedranno il Capo dello Stato per esternare la loro preoccupazione per quanto sta avvenendo, chiedendo a Napolitano di fermare l'assalto delle toghe. Ma Napolitano cosa può fare concretamente?

Di sicuro il momento è assai delicato. E il presidente della Repubblica ha tutto l'interesse di provare a calmare le acque, evitando che il livello dello scontro si inasprisca sempre più. Si devono insediare le camere, con l'elezione dei presidenti, e devono partire le consultazioni per vedere se ci sono le condizioni per formare un governo. Lo impone la Costituzione. Subito dopo il parlamento dovrà eleggere il successore di Napolitano, il cui mandato scade il 15 maggio. In questa delicata fase istituzionale sarebbe utile evitare uno scontro all'arma bianca tra le forze politiche. Ed è possibile che Napolitano, pur non "censurando" direttamente il comportamento di questa o quella procura, inviti tutti alla calma e alla moderazione, nell'interesse del Paese. Potrebbe farlo con il classico "monito", un messaggio rivolto indirettamente a tutte le istituzioni, e quindi anche alla magistratura, affinché, nel rispetto delle regole, si proceda in modo più equilibrato per evitare che l'intero sistema possa implodere.

Ma il presidente della Repubblica potrebbe osare anche di più, magari decidendo di far intervenire il Csm, l'organo di autogoverno della magistratura, affinché si ristabilisca un clima più sereno. Nel 1991 Francesco Cossiga si impegnò in un duro braccio di ferro con il Csm. Ritirò la convocazione di una riunione del plenum nella quale erano state inserite cinque pratiche sui rapporti tra capi degli uffici e loro sostituti sull’assegnazione degli incarichi. Cossiga era convinto che la questione non fosse di competenza del plenum e avvertì che se la riunione avesse avuto luogo avrebbe preso "misure esecutive per prevenire la consumazione di gravi illegalità". I consiglieri del Csm si opposero con un documento e si riunirono lo stesso. In piazza Indipendenza, alla sede del Csm, arrivarono i blindati dei carabinieri e due colonnelli dell’'Arma vennero inviati a seguire la seduta. Il caso si risolse perché il vicepresidente, Giovanni Galloni, non permise la discussione di quel punto contestato. Prevalse, dunque, il buon senso. E Cossiga l'ebbe vinta. Nessuno, ovviamente, pretende di insegnare il mestiere a Napolitano.

Osserviamo soltanto che una sana mediazione, per cercare di abbassare il livello dello scontro, potrebbe essere utile a tutti. Il presidente della Repubblica potrebbe anche stare alla finestra a guardare, evitando di "sporcarsi le mani". Ma farebbe, in questo modo, l'interesse dell'Italia?

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