Le diagnosi sono spietate, la cura impossibile. Giampaolo Pansa sul Riformista scrive che «è meglio che il Pd muoia». Il sindaco di Bari, Michele Emiliano, su Libero fa un quadro disastroso: «Quello del Pd è un ceto politico in gravissima difficoltà che ha come primo problema la propria sopravvivenza... Non ho fatto una riunione di partito in cui ci siamo occupati di cose concrete... Stiamo facendo un congresso non si sa su che cosa». Piero Fassino su Repubblica: «Non si può negare lo smottamento elettorale. Continuiamo a perdere fra gli operai e le zone popolari... Rischiamo di essere un partito che su ogni tema raccoglie un consenso minoritario». Lassemblea «nuovista» del Lingotto lancia la «questione generazionale» con dirigenti che hanno mediamente più di quarantanni. Quelli del Komsomol sovietico erano al confronto di primo pelo. Dichiara Arturo Parisi al giornalista del Mattino: «Guardi che quelli che lei immagina come giovincelli, nati oggi, da Renzi a Serracchiani, sono stati come minimo segretari provinciali dei cosiddetti partiti di origine e hanno alle spalle un numero di anni di attività politica in genere superiore a uno come me che ha superato da un bel po i sessantanni».
Franceschini che viene dalla vecchia Dc chiede che «il vecchio non ritorni». Piero Fassino, che era in segreteria del Pci con Alessandro Natta, si augura un passo indietro di due rappresentanti del passato come DAlema e Veltroni ma resta stoicamente in pista. Marina Magistrelli, portavoce del prodismo, a proposito del congresso dice: «Devo confessare il mio disagio. Mi sembra di assistere alle solite spinte personalistiche che hanno rovinato i precedenti appuntamenti». Filippo Penati, sfortunato concorrente alla presidenza della Provincia di Milano, dice: «Il partito deve partire da lì: da un Pd presente nelle periferie, attento alle esigenze della gente che aveva dato fiducia alla sinistra e che in questi anni si è sentita abbandonata se non addirittura tradita». Il finale di commedia lha scritto larguto Arturo Parisi: «Quelli ai quali vorremmo associarci per darci coraggio rispondono come nel film di Monicelli, Larmata Brancaleone, a noi che chiediamo venimo?. No, no. Ite ancora sanza meta, ma da unaltra parte».
In questo quadro confuso e caotico i duelli personali si intrecciano. Veltroni che annuncia il ritiro dalla campagna congressuale sostiene di non capire laccusa di aver boicottato Prodi, e il professore manda a dire sulla Repubblica che i messaggi di Walter è meglio non leggerli. Lo stesso Veltroni accusa DAlema e i dalemiani di «segare lalbero del centrosinistra» e di aver fatto fuori tutti i leader ulivisti come i dieci piccoli indiani del giallo di Agatha Christie e lex premier laccusa, in cene private, di essere un «fannullone che con le sue dimissioni continue ha rovinato la sinistra». Rutelli teme di finire in un partito socialista camuffato e i bersaniani in una nuova Dc altrettanto camuffata. Lamalgama è proprio malriuscito.
Il Pd, a un anno e mezzo dalla nascita, si trova a fare i conti con una situazione imprevista. Ha una dote elettorale che il Pci aveva superato anche nei suoi momenti peggiori. Il suo elettorato operaio lha tradito. Nelle regioni rosse è iniziato lo smottamento a favore della Lega che, come dichiara il sindaco di Bari Emiliano, non fa leva sulla paura ma sulla vicinanza alle domande popolari. Il dialogo fra ex comunisti e cattolici va in frantumi e lascia il posto allo scontro fra sinistra e ex dc. Le rivalità personali avvelenano la vita del gruppo dirigente. La prospettiva è del tutto incerta. Mentre in basso infuria la guerra fratricida due partiti guardano la battaglia pronti a conquistare nuovi adepti fra gli sconfitti. LUdc di Pier Ferdinando Casini spera che i centristi del Pd capiscano di essere minoranza nel partito e si decidano a lasciarlo per rafforzare il cosiddetto Grande Centro. Guardano a Rutelli ma non solo a lui. Se nel Pd prevalesse la linea socialdemocratica di Bersani o quella giustizialista di Franceschini molti sarebbero tentati dalliniziare una nuova avventura con i centristi ex Dc.
Anche Di Pietro ha scelto una singolare linea di silenzio sulle diatribe interne allalleato «democratico». Lex pm crede nel collasso strutturale dellarea democrat e spera di ereditarne una parte di elettorato. Non a caso ha dichiarato di voler togliere il proprio nome dal simbolo e si prepara a lanciare lultimo assalto con il nuovo quotidiano di Padellaro e Travaglio che nelle prime settimane dopo lannuncio della prossima uscita già ha raccolto migliaia di abbonamenti rubandoli allUnità. Di Pietro vuole diventare il coagulo degli scontenti, il vero punto di raccordo fra veltroniani e prodiani delusi per dar vita a un partito che elettoralmente sia separato di pochi punti percentuali dal Pd.
È per questo che la contesa Franceschini-Bersani non appassiona nessuno. Tutti sanno che il vincitore di questo campionato fra due squadre di serie B non sarà in grado di far disputare le prossime gare nelle serie maggiore.
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