La scuola araba: «Ora fateci lavorare in pace»

Gli eventi degli ultimi giorni potrebbero far aumentare il numero degli iscritti

Augusto Pozzoli

In via Ventura fervono i preparativi per la ripresa delle lezioni. I registri di classe sono pronti, pronto l’orario settimanale, pronti i docenti e gli alunni. Come si fa in ogni scuola. «Sono arrivate tutte le autorizzazioni che ci interessavano: da lunedì la scuola riapre – dice la direttrice dell’istituto “Nagib Mahfuz”, Lidia Acerboni –. Dal Comune dicono che manca ancora l’accatastamento, e cioè il cambio di destinazione d’uso dell’edificio ma si tratta di questioni burocratiche che non impediscono l’apertura, non c’è nessun problema. Presenteremo la documentazione necessaria al più presto. Il nostro intento è quello di accogliere i nostri bambini in un clima di serenità. Chi non è d’accordo con noi può manifestare il suo dissenso come crede, ma almeno non si condizionino gli alunni».
Il riferimento va al preannunciato sit-in di contestazione della Lega proprio lunedì mattina davanti all’ingresso della scuola araba. Ma quanti saranno gli alunni? Domani mattina è in programma un’altra riunione dei genitori che dovranno perfezionare le iscrizioni che finora sono ferme a 100 bambini. L’incertezza della situazione di queste ultime settimane, secondo i promotori della scuola, potrebbe indurre altre famiglie rimaste alla finestra in attesa degli eventi ad allungare l’elenco dei frequentanti.
Le polemiche dei giorni scorsi hanno comunque qualche strascico. In particolare il presidente dell’associazione “Insieme” che gestisce la scuola, Othman Mahmoud, ha dato incarico ai suoi legali di diffidare tutti coloro che hanno sostenuto di essere stato espulso dall’associazione italo-egiziana sorta già in via Quaranta per dare il doposcuola agli alunni che frequentavano la scuola statale e volevano conquistare l’idoneità secondo i programmi egiziani. Una vicenda burrascosa finita in tribunale e conclusasi con un accordo fra le parti in causa. «Othman non è mai stato espulso – dice Pietro Farneti, il quale poi fondò con l’immigrato egiziano l’associazione “Insieme” –. Ce ne andammo noi per evitare una situazione poco limpida. Si cercava faticosamente di dare un’alternativa seria a via Quaranta, dopo che sin dal 1999 la Cattolica, con il sostegno del Comune, aveva invano lavorato per portare i figli delle famiglie immigrate dal Cairo alle scuole statali».
La drastica chiusura, un anno fa, della struttura di via Quaranta ritenuta illegale sotto ogni profilo e per di più osteggiata dallo stesso consolato egiziano, ha avuto come sbocco la scuola di via Ventura per rispondere all’esigenza della famiglie che non volevano rinunciare a una formazione dei figli secondo la cultura tradizionale. «Abbiamo lavorato su questo presupposto – continua Pietro Farneti – ma con l’obiettivo di portare gli alunni a conoscere anche la lingua e la cultura italiane. Nulla a che fare con quel che si faceva in via Quaranta, tanto che il consolato egiziano ci ha dato il suo massimo sostegno.

Adesso speriamo di poter lavorare in pace: per i bambini, ma anche per i loro genitori, per aiutarli attraverso dei corsi a integrarsi nel nostro contesto civile. Le donne, soprattutto, a cui offriremo la possibilità di parlare la nostra lingua e sapersi orientare nella vita quotidiana a Milano e in Italia».

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