«Scuola araba senza permessi, non può aprire»

C’è chi ha ritirato i figli dalle statali per trasferirli in via Ventura. Un genitore: «Se non partono i corsi, torniamo tutti in Egitto»

Primo giorno di scuola in via Ventura 4, a Lambrate. In aula dalla prima elementare alla terza media, anche se non c’è nessuna autorizzazione: né quella del ministero, né quella del Comune. Un centinaio di allievi per la scuola islamica, che si intitola a Nagib Mahfuz, il nobel egiziano della letteratura. Avvio dell’attività a sorpresa che sconcerta l’assessore ai Servizi sociali Mariolina Moioli: «Non si può aprire una scuola saltando i passaggi necessari, tutti i pareri previsti devono essere acquisiti allo scopo di permettere alle autorità competenti di concedere l’autorizzazione». Come dire: l’apertura di via Ventura è «una forzatura, un’evidente forzatura che non giova a nessuno». Denuncia della superficialità con la quale si sono bypassate le garanzie richieste dalla legge che la direttrice della scuola, Lidia Acerboni, non sembra comprendere: «Tutto in piena regola. Non appena abbiamo terminato i lavori per applicare alla lettera tutte le norme previste dalla legge, abbiamo segnalato, sempre come vuole la legge, l’avvio dell’attività didattica all’ufficio scolastico regionale». La comunicazione era in effetti partita per fax domenica. Ma l’autorizzazione da parte del direttore scolastico regionale Mario Dutto non è ancora arrivata: «Da tre settimane ho inviato al ministero della pubblica istruzione il provvedimento chiestomi da via Ventura - fa sapere Dutto - sto aspettando l’assenso formale del ministro». E in una nota la direzione generale dell’Ufficio scolastico fa una precisazione ancora più dura: «L’istanza di autorizzazione di scuola straniera presentata in data 4 maggio 2006 dall’associazione “Insieme” ha avuto una risposta negativa fin dal giugno 2006. Le successive documentazioni pervenute sono state tardive e non sufficienti per superare il diniego già espresso». E ancora: «L’avvio delle attività, senza autorizzazione, di una scuola straniera con rapporti con autorità consolari straniere, al di fuori di accordi intergovernativi, è in aperto contrasto con la norma vigente». Moioli: «È indispensabile che i ministeri competenti assumano una decisione definitiva».
Dal canto loro i responsabili dell’associazione Insieme si sentono tranquilli. «Questa è una scuola laica – dice il presidente Othman Mahmoud, un imprenditore egiziano ormai cittadino italiano – dove i nostri allievi cresceranno in un clima di grande confronto e serenità. Chiediamo solo che chi vuole possa seguire un corso di studi che consenta di sviluppare sia i programmi in arabo sia in italiano, perché così garantiamo meglio ai nostri figli una formazione che tenga conto delle loro origini, ma che allo stesso tempo aiuti a integrarsi». Impegno a cui le comunità islamiche non sembrano troppo credere: infatti, lo completano avvertendo che «è necessario il rispetto delle regole», quelle disattese in via Quaranta, in quel centro clandestino secondo le Istituzioni.
Regole e legalità a tutela delle famiglie e degli studenti sostenute da insegnanti egiziani e insegnanti italiani, che hanno tenuto lezioni dalle 8,30 fino alle 14. Ad accogliere gli alunni, all’ingresso, festoni e palloncini. Un’aria di festa. Il numero degli iscritti è destinato a crescere: le richieste sono già 150.

C’è anche chi, alla chiusura di via Quaranta, aveva mandato i figli in una scuola statale e che ora se li riporta qui. Ma la maggior parte degli iscritti è rimasto ad aspettare. «Se non avessero aperto questa scuola – diceva il padre di due bimbe – le avrei riportate in Egitto».

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