Le parole di Berlusconi sulla scuola hanno sollevato un problema serio: a chi spetta l’educazione dei figli? Alla famiglia o allo Stato? Rientra nei diritti dei genitori scegliere a chi affidare l’istruzione dei bambini? Netta la risposta liberale e cattolica, in sintonia con il premier. La famiglia è centrale. Lo Stato non può avere il «monopolio» dell’istruzione. La scuola paritaria è una risorsa formidabile, che merita tuttal’attenzione di istituzioni e cittadini.
A problema rilevante, risposte dissennate.Quelle dei politici dell’opposizione. I quali hanno dato fondo alla retorica, suscitando nei cittadini l’impressione di non avere presente la realtà. Ecco quindi ex «terze gambe» del centrodestra sparare dichiarazioni in linea con il Pci degli anni Cinquanta. Italo Bocchino, Futuro e libertà: «Poi c’è la scuola privata diplomificio per i figli dei ricchi, utile a farli diventare ignoranti ma poliglotti». Ecco comunisti tirare fuori imbarazzanti teorie del complotto. Nichi Vendola, Sinistra e libertà: «È stata proprio la crisi della scuola pubblica e il trionfo delle televisioni di Berlusconi ad aver accompagnato l’egemonia del quindicennio». Ecco ex comunisti dimenticare il ruolo non secondario avuto nella gestione dell’istruzione. Pier Luigi Bersani, Partito democratico: «Uno schiaffo inaccettabile a chi lavora in condizioni rese dal governo sempre più difficili ». Anche se il caso più singolare è Dario Franceschini, cattolico che attribuisce agli insegnanti, e non alla famiglia, il titolo di «educatori dei nostri figli», chiosando che «il berlusconismo ha dato il colpo di grazia ai mali della scuola italiana».
Le accuse di voler smantellare la scuola pubblica, magari per favorire quella paritaria, andrebbero provate. Peccato che i numeri raccontino un’altra storia. Di sprechi.L’Italia investe nell’istruzione una percentuale del Pil inferiore alla media Ocse (4,7% contro 5,8). C’è da scandalizzarsi? No, perché il dato è ingannevole: non tiene conto del numero di ragazzi in età scolare, inferiore rispetto ad altri Paesi. In realtà la spesa per studente, da noi, è superiore alla media Ocse, e comunque a quella di Francia, Germania e Inghilterra. Soldi spesi male, purtroppo. Maggiori risorse non hanno garantito buone performance (in miglioramento nel 2009).
Finanziare la scuola paritaria non è una bestemmia, come vorrebbero farci credere. Al contrario, è un affare per lo Stato, come documentano le ricerche recenti. Lo studente della scuola statale è più costoso per le finanze pubbliche rispetto a un coetaneo della paritaria. (Un esempio: nel 2006 un allievo nella scuola pubblica dell’infanzia costava allo Stato 6116 euro; 584 in quella paritaria). Lo Stato nel 2006 ha risparmiato 6 .245 milioni di euro. Una Finanziaria. A fronte di questi dati, l’enfasi sui «diplomifici» riservati «ai figli dei ricchi» fa sorridere perché centra la questione senza rendersene conto. La libertà di scelta è limitata dal fatto che alle famiglie, oltre alle tasse, tocca pagare le rette. Insomma: non tutti si possono permettere di scegliere. Eppure, senza scomodare l’articolo 30 della Costituzione,la legge del 1997 definisce l’autonomia scolastica come strumento per raggiungere gli obiettivi generali del sistema nazionale «nel rispetto della libertà di scelta educativa da parte delle famiglie».
Come può testimoniare chiunque abbia un figlio in un istituto paritario, le famiglie, pur di non rinunciare a un diritto in teoria garantito ma di fatto scippato, tirano la cinghia. Questa è la vera gravissima ingiustizia, altro che «diplomifici» per «figli dei ricchi ». Ed è anche una forte limitazione al pluralismo e all’ampliamento dell’offerta formativa.
Ma sono sfumature che non interessano agli ex comunisti e ora pure agli ex fascisti. Gente che si straccia le vesti (giustamente) quando sente parlare di «religione di Stato »ma a cui pare normale l’espressione «scuola di Stato».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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